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Il direttore risponde (8 gennaio)

Lettera aperta alla signora Veronica Lario

Gentile signora Veronica Lario, senza volermi inoltrare nelle beghe che spesso son cruccio d’ogni famiglia, vengo a sapere dai giornali d’un cospicuo assegno giornaliero, quello che la gente che vive da basso, sovente definisce: di mantenimento. Lungi da ogni cellula del mio ragionamento il voler esprimere qualsivoglia giudizio. Il mio è un mero calcolo per un bel gesto, un umile suggerimento. Euro 100.000 al giorno, per chi non è abituato, richiedono un certo lasso di tempo per immaginarne un ragionevole impiego, ma poi, lentamente, al sottoscritto, per nulla invidioso, ma un po’ partecipe sì, è venuta in mente un’alternativa alla quale forse Ella ha già pensato. Nel caso, mi scuso. Se così non fosse, facendo uno svelto calcolo, al posto Suo non perderei la stella di poter sfamare 10.000 famiglie di operai disperati, disoccupati in attesa di giudizio, di ragionieri inutilizzati o semplicemente di sfortunati morti di fame, mai baciati dalla fortuna nel girotondo della vita, organizzando l’affluenza al più vicino e accreditato centro d’accoglienza e di volontariato. 10.000 famiglie un giorno ogni tanto, da Torino a Cosenza. Si può fare, poiché a occhio e croce tanto basta a garantire: un buon piatto di pasta al pomodoro, un secondo broccoli e salciccia, un frutto di stagione, un tozzo di pane, un bicchiere di vino per il capofamiglia, e forse anche il caffè. Il tutto per quattro persone, comprando all’ingrosso. Potesse farlo almeno Lei! Gentile signora Veronica. Non tutti hanno la fortuna di potersi far ben volere con così poco, da così tanta gente in questo panorama economico e sociale, perennemente in clima elettorale, dove è così difficile distinguere ciò che è bene e ciò che è male. Ma lo stomaco reclama da destra e da sinistra; con un modesto, saltuario impegno del Suo equo patrimonio, qua e là, io penso che potrebbe raccogliere un imponente consenso popolare. Che ne dice; si può fare? Se mai, faccia sapere.

carlomariano@libero.it

La lettera aperta di Carlo Mariano Sartoris non ha bisogno di commenti. Non so se la signora Lario risponderà, né come intende usare l’assegno di tre milioni al mese. Certo, centomila euro al giorno sono davvero tanti. Si trova difficoltà a immaginare anche solo il modo di spendere questi soldi. In tal senso il suggerimento di Sartoris potrebbe essere utile. Due riflessioni, al di là della vicenda in sé, mi vengono in mente. La prima riguarda la forbice sempre più larga tra ricchi e poveri anche nel nostro Paese. L’assegno in questione ne è solo un esempio. Ma in generale questa differenza tra chi può spendere ogni mese decine di migliaia di euro e chi deve campare con una pensione di 400-500 euro è sempre più grande. E l’attuale crisi economica l’ha accentuata. Oggi in Italia il dieci per cento delle famiglie detiene il cinquanta per cento della ricchezza nazionale. Il problema è che per chi non ha problemi economici è difficile comprendere chi non riesce ad arrivare a fine mese.A volte sembra che gli stessi politici non siano in grado di capire la situazione che sempre più italiani stanno vivendo. E a proposito di politica, ecco una seconda riflessione. Se è vero che le misure del passato governo Monti hanno scelto in primo luogo i “bersagli” più facili, lavoratori e pensionati, fanno però pensare le difficoltà che ci sono state in altri Paesi per far sì che i più ricchi contribuissero di più, in proporzione, tramite una tassazione maggiore. Obama, negli Stati Uniti, è riuscito a strappare solo in extremis la possibilità di aumentare le tasse ai più ricchi, maavrebbe voluto colpire tutti quelli che guadagnano oltre i 250.000 dollari l’anno e si è dovuto accontentare dei super ricchi con entrate superiori ai 400.000 dollari l’anno e le famiglie con più di 450.000 dollari. Hollande in Francia, invece, per un vizio di forma, non è riuscito a tassare di più i redditi superiori al milione di euro. Anche i ricchi piangono, soprattutto se si toccano nel portafoglio.

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