Parole per un anno: ISTRUZIONE

Sei OBIETTIVI per crescere

Ministro Francesco Profumo, uno dei temi e obiettivi ricorrenti del Governo Monti è stato il controllo dello spread e dell’equilibrio della spesa pubblica. Ci può spiegare qual è la situazione del Paese sotto questo profilo?

«Il Paese ha duemila miliardi di debito pubblico, con un prodotto interno lordo che non cresce. Ogni anno paghiamo almeno cento miliardi di interessi passivi. In questa situazione critica, il cosiddetto spread gioca un ruolo cruciale: solo negli ultimi mesi, la fluttuazione dell’indicatore finanziario ha comportato un incremento di quattro miliardi di euro di debito. Insomma: il controllo dello spread appare uno degli obiettivi principali se vogliamo ottenere il pareggio di bilancio (traguardo probabilmente raggiungibile nel 2013) e ricominciare così a investire sulla crescita e sullo sviluppo».

A proposito di crescita. Si tratta di un orizzonte ancora perseguibile?

«Certamente, ma dovremo comportarci in maniera più affidabile agli occhi dell’Europa. Le sovranità nazionali stanno riducendo il loro perimetro e molte dinamiche di ottenimento fondi e programmazione di investimento dipendono da Bruxelles. Sulla gestione delle risorse per la ricerca e per la coesione sociale l’Italia non si è certo distinta per virtuosità rispetto ad altri Stati: ad esempio, mentre per ogni euro investito l’Inghilterra ne “guadagnava” uno e mezzo, l’Italia per ogni euro investito perdeva 40 centesimi».

Passiamo alla scuola, in grave affanno. I collegi docenti di molte scuole primarie e secondarie (anche albesi) preparano la protesta per contestare tagli ai fondi d’istituto, blocco degli scatti di anzianità, riduzione delle cattedre disponibili. Cosa dovrebbe fare chi subisce le decisioni del Governo?

«Innanzitutto vorrei ringraziare tutti gli insegnanti per l’impegno, la dedizione e l’ostinazione con cui fronteggiano una simile criticità. La comunità scolastica è un universo preziosissimo, da cui possono scaturire grandi cambiamenti. Vorrei dire ai docenti che è necessaria una collaborazione collettiva per avviare un processo di trasformazione costruttivo, i cui risultati si vedranno solo a lungo termine».

Eppure, la principale obiezione mossa al Governo riguarda gli sprechi, la destinazione di risorse (che potrebbero essere usate per la scuola) a settori “superflui” come quello militare…

«Prendiamo la costruzione o l’acquisto di un caccia. Si tratta di un’operazione complessa, che coinvolge accordi internazionali, molteplici attori e costruttori diversi. Insomma, non sarebbe possibile disdire le operazioni di acquisto. Dobbiamo saper distinguere l’emotività dalle questioni pratiche».

Parliamo dell’Università cuneese, che vede sempre più ridotta la propria disponibilità di budget. Quale il futuro degli atenei decentrati?

«Credo non si possa pensare a un sistema universitario parcellizzato. Servono accentramenti come quello torinese, pur continuando a mantenere i contatti con il territorio. Anzi, credo che il futuro potrebbe vedere consolidarsi i legami con Università come Cuneo. Parlando poi della scuola in genere, punteremo sulla costituzione di un fondo capace di agevolare l’edificazione di nuove strutture, rinforzeremo la manutenzione e la modernizzazione».

Strategie d’azione: quali sono secondo lei gli “atteggiamenti” che faciliteranno la ripresa, la rinascita morale e pratica dell’intera collettività?

«Bisognerebbe puntare su sei obiettivi. Primo, valorizzare le capacità delle persone e il loro impegno. Impegno e capacità sono caratteristiche che devono procedere in modo simultaneo, l’uno senza l’altra non sortisce alcun effetto benefico per la collettività. Secondo, abbandonare la cultura della cooptazione, ad esempio in ambito universitario: ovvero interrompere il metodo secondo cui i nuovi membri di un organo collegiale vengono eletti dall’organo stesso. In un mondo sempre più aperto e flessibile una logica “ereditaria” appare obsoleta. Terzo, rispettare i tempi. Un esempio: la realizzazione delle opere pubbliche. Si veda l’autostrada Asti- Cuneo come esempio “negativo” di una mancata aderenza ai programmi. Quarto: valorizzare la trasparenza, chiarificando come e perché vengono spesi i soldi pubblici. Quinto, perseguire la semplificazione. Sesto e ultimo punto, la valutazione: bisogna predisporre metodi di verifica quantitativa e qualitativa delle azioni politiche e gestionali, in modo da essere consapevoli di ciò che si è fatto e del risultato ottenuto, sulla cui base sarà possibile aggiustare e perfezionare gli interventi».

Matteo Viberti

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