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Giuseppe Nova è il nuovo direttore artistico di Piemonte dal vivo

Viaggia in giro per il mondo e suona un flauto costruito su misura. Non si tratta di un personaggio fiabesco, ma di Giuseppe Nova, il musicista che con Jeff Schilberslag e Larry Vote ha creato l’Alba music festival ed è tra le anime del collegamento di Alba con il St. Mary’s college of Maryland. Si sono occupati di lui giornali di tutto il pianeta; è stato ospite dei più celebri teatri e camere da concerto. Il flautista è arrivato a un incarico della Regione: è stato nominato direttore artistico per la parte musicale del circuito Piemonte dal vivo, l’ente nato nel 1996 per promuovere, sostenere e valorizzare i progetti e le iniziative teatrali, musicali e riferite alla danza in Piemonte.

Nova, qual è il suo lavoro per la Regione?

«Mi occupo di coordinare il decentramento musicale e di sostenere la programmazione delle differenti iniziative sul territorio, con particolare attenzione all’universo della musica classica. Si tratta di valorizzare e promuovere i festival e i progetti artistici presenti in Piemonte: occorre creare ponti tra le varie realtà, per rilanciare e finanziare un territorio ricco di produzione musicale e talenti. Si punta inoltre a creare una fitta rete di contatti tra giovani diplomati in conservatorio e le orchestre: molti ragazzi si trovano spiazzati, una volta terminati gli studi; l’autopromozione spesso diviene un mezzo complicato da utilizzare; perciò Piemonte dal vivo si pone anche come tramite tra la scuola e il mondo del lavoro».

Il verbo finanziare si accosta male alla parola crisi.

«Nell’ultimo anno circa 250 Comuni hanno usufruito dei fondi disponibili in Regione per dare vita a iniziative artistiche. Nonostante i tempi di crisi sopravvive la voglia di allestire, organizzare e, fino a quando sarà possibile, finanziare. Per ora la Regione si rende disponibile nell’intervenire sui progetti culturali; si spera nella continuità e in un futuro positivo».

La musica classica è viva in Italia o sono fondate le voci che la dipingono come un genere in decadenza?

«Il numero di iscritti ai conservatori e agli istituti musicali aumenta progressivamente. Che la musica classica in Italia necessiti di tutela e protezione rimane una certezza. Nonostante il nostro patrimonio storico-musicale rappresenti un esempio per il mondo intero, la mentalità dei cittadini si colloca in una dimensione distante rispetto all’arte: il genitore desidera un figlio dottore o architetto. Per chiarirsi le idee, basterebbe confrontarsi con gli altri Paesi europei o extraeuropei; in Germania, per esempio, esistono realtà musicali legate a qualsiasi ambiente. Sono presenti orchestre degli ospedali: vale a dire che infermieri e dottori, terminato il lavoro, si trovano per suonare Beethoven o Chopin. In Giappone le famiglie mirano ad accrescere la sensibilità musicale di almeno un figlio, in modo che esso sia in grado di vivere d’arte; in altri termini il mestiere del musicista rappresenta un ottimo status sociale. Si tratta di aperture mentali che favoriscono lo sviluppo di un linguaggio non verbale, bensì spirituale. Perché la musica in fondo – spezzando i confini e le distanze – altro non rappresenta che la lingua universale dell’uomo».

Marco Viberti

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