I mattoni di SAN FRANCESCO

RITROVAMENTI Era il 1850 e una spaventosa crisi economica colpì Alba. Aumentarono i disoccupati, costringendo il Comune a inventare strategie di salvataggio. L’Amministrazione radunò i senza lavoro e li impiegò come operai in piazza San Francesco per dissotterrare i mattoni della chiesa di San Francesco, demolita trent’anni prima. Così, si vendettero i mattoni, restituendo una boccata d’ossigeno alle esangui casse civiche. L’opera non venne mai conclusa e parti importanti dell’architettura vennero lasciate ai meandri della terra.

L’episodio è raccontato dallo storico albese Giulio Parusso. La storia è attuale non solo per l’analogia del periodo economico, ma anche perché la chiesa sta tornando alla luce. Nei giorni scorsi gli operai impegnati negli scavi esplorativi preliminari alla ristrutturazione della piazza sono incappati proprio in quei mattoni che “l’esercito di disoccupati” del 1850 aveva lasciato nel sottosuolo. Lo scheletro della chiesa di San Francesco ritorna, restituendo alla città ricordi e antiche emozioni.

Spiega Parusso: «Per comprendere l’importanza dei reperti dobbiamo tornare a inizio del 1200, quando venne edificato il convento di San Francesco, un grande complesso religioso, laddove oggi esiste l’Istituto magistrale. Il cortile della scuola, affacciato su piazza Garibaldi, era un tempo il chiostro del convento. Attorno alle strutture francescane, seguendo un perimetro che si estendeva fino all’odierna circonvallazione, venne realizzato un ampio giardino».

In seguito, venne edificata la chiesa: difficile stabilire la data del cantiere. Pare che alla costruzione si lavorasse dal 1265. Le dimensioni erano notevoli: 18 metri di larghezza e 47 di lunghezza, abside compresa. «Opere di Macrino d’Alba o di Gaudenzio Ferrari – importanti artisti vissuti tra il 1400 e il 1500, le cui tele sono in parte esposte nel Museo d’arte antica di Torino – figuravano all’interno del complesso», aggiunge Parusso. Ma, come dettaglia Daniela Albano, dirigente della Ripartizione opere pubbliche, «la cancellazione della chiesa fu conseguenza delle soppressioni napoleoniche. In realtà, le storie urbane si sono sviluppate secondo direttrici da tempo in atto, trovando nel fenomeno un pretesto di accelerazione. La presenza del convento francescano al margine della città, limitrofo a una piazza adibita a mercato, divenne un ostacolo per gli sviluppi economici». Nel 1788 il Consiglio di città volle allestire una grande area nel settore libero dai fabbricati a fianco al convento, a uso di piazza d’armi e destinata agli esercizi delle truppe, ai pubblici mercati e alle fiere del bestiame. Fu necessario smantellare una parte degli orti in possesso dei religiosi e acquisire un ampio lotto di terreno. Sensibile a queste esigenze più che al rispetto della proprietà secolare dei frati, l’Amministrazione centrale di Torino concesse dunque la «sovrana provvidenza » per l’alienazione dei beni ecclesiastici.

L’epilogo è descritto ancora da Parusso: «Il convento di San Francesco fu sottratto all’amministrazione ecclesiastica per essere smantellato, ospitando la sede del nuovo palazzo di giustizia, in particolare, la Questura e la Prefettura. Ai tempi Alba era provincia. Nel 1820, infine, la chiesa di San Francesco venne rasa al suolo».

Dal Theatrum Statuum Sabaudiae – immagini delle dimore facenti parte del dominio dei Savoia a fine XVII secolo – il particolare del convento di San Francesco

Matteo Viberti

 

La chiesa sotto i piedi degli albesi

«Abbiamo trovato a circa 40 centimetri dal livello del suolo i resti dell’antica chiesa di San Francesco, per secoli uno dei centri religiosi più importanti della città». Lo annuncia l’assessore Paolo Minuto. Si tratta dell’esito dell’“esplorazione” necessaria alla ristrutturazione di piazza San Francesco, nel carnet del Comune da tempo, Patto di stabilità permettendo. Il convento di San Francesco, come Gazzetta ha raccontato nelle scorse settimane, sorse poco dopo la metà del 1200 e divenne con il tempo un centro gravitazionale per importanza strategica, religiosa, politica. Ha spiegato Minuto: «All’epoca in cui sorse l’insediamento conventuale manteneva un aspetto modesto, con una domus e un centro di culto. È difficile stabilire quando venne concluso il cantiere della chiesa, maè certo che alla costruzione si lavorasse dal 1265». Dopo l’abolizione degli ordini religiosi di inizio Ottocento, il convento di San Francesco venne demolito. A fine Ottocento la chiesa che oggi riemerge era del tutto scomparsa. Come ha però spiegato la dirigente Daniela Albano, «si procederà al “ritombamento” dei reperti, la cui presenza – non particolarmente importante – non comporterà modifiche al progetto di recupero della piazza. Dovremo spostare di alcuni centimetri la rete di raccolta delle acque piovane e condotti elettrici. Ci siamo imbattuti anche nei resti di antiche fondamenta romane, situati a una profondità di 80 centimetri dal livello del suolo». ChiosaMinuto: «Se il Patto di stabilità non venisse sbloccato, risulterà peraltro impossibile restituire una boccata d’ossigeno alla città, anche dal punto di vista occupazionale».

m.v.

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