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RotoAlba verso il fallimento: Veneziani se ne assuma la responsabilità

ALBA Fallimento. Per RotoAlba lo spettro che si agita da tempo è una strada ormai quasi segnata, che il tribunale di Asti potrebbe sancire nell’udienza fissata ad Asti il 27 maggio, lasciando 140 lavoratori e altrettante famiglie in ambasce in un momento economico molto pesante anche per la pur solida realtà albese.

Difficile capire perché l’imprenditore Guido Veneziani – a capo della Guido Veneziani Editore (GVE) che pubblica riviste come Top, Stop e Vero, e intende salvare l’Unità – abbia acquisito la stamperia albese nel 2012 per lasciarla morire d’inedia a suon di debiti, perdite di commesse e mancati investimenti. Il passivo di 12 milioni di euro, i dipendenti in attesa dello stipendio e in sciopero da tempo, la perdita di commesse quali Ikea ed Esselunga, tanto per citare, la mancanza di un piano industriale credibile hanno fatto pendere l’ago della bilancia al peggio, dopo il concordato preventivo in continuità.

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Appena tre anni addietro – si era a luglio 2012 – la Guido Veneziani Editore acquistava dalla Karl Rauch Verlag Gmbh & Co. il 90 per cento di RotoAlba (il 10 restava in mano ai tedeschi), annunciando grandi innovazioni. «La GVE», comunicava all’Ansa il nuovo amministratore delegato Veneziani, «sposterà in provincia di Cuneo la stampa degli altri suoi periodici e prevede investimenti industriali per circa 6 milioni di euro, destinati a una nuova rotativa e a dare ancor più solidità a una storica azienda come RotoAlba». Gli investimenti da allora sono rimasti lettera morta, mentre è stata trascurata persino un’adeguata manutenzione dei macchinari, come hanno più volte denunciato gli stessi sindacati, alle prese con gli stipendi in arretrato e financo con i mancati pagamenti dei contributi per la previdenza integrativa, trattenuti dalle buste paga, ma non versati al fondo pensione Byblos.

Eppure i bilanci 2011 e 2012 erano ancora in lieve utile e solo nel primo anno dell’era Veneziani, il 2013, sono andati in rosso per quasi due milioni di euro, nonostante il calo del costo del personale, sottoposto a una drastica cura dimagrante. Quelli appena trascorsi sono stati gli anni degli scioperi legati alla disdetta degli accordi di secondo livello, mensa inclusa, dei cinque licenziamenti in tronco poi rientrati grazie al tribunale, dei ripetuti distacchi di corrente da parte dell’Enel, degli accertamenti della Guardia di Finanza, della tensione e delle rassicurazioni inevase.

Intanto, se RotoAlba languiva per carenza di cure, tra 2013 e 2014, Veneziani acquistava a Seriate, in provincia di Bergamo, le Grafiche Mazzucchelli e la Enerprint di Moncalieri, in provincia di Torino, per poi approdare pure a Nieppe, in Francia, dove si prendeva in carico un’azienda decotta, ma destinataria di fondi pubblici, per una ripartenza a quanto pare ancora al palo. Non è mancato il “colpo grosso”, con il recente approdo all’Unità, 10 milioni di euro sul piatto per coprire parte dei debiti e una nuova stagione per almeno 25 degli oltre 50 giornalisti legati alla testata. Anche in questo caso, il quotidiano fondato da Antonio Gramsci in edicola non si è ancora visto.

Insomma, una vicenda altalenante quella dello stabilimento ex San Paolo, voluto negli anni Sessanta dai figli del beato Giacomo Alberione per stampare Famiglia Cristiana, nel periodo più fecondo della storia del settimanale che lo portò nel giro di poco più di un decennio a raggiungere il traguardo di due milioni di copie. Lo stabilimento era divenuto un fiore all’occhiello per sviluppo tecnologico, capacità produttiva e innovazione. In costante e continua crescita si arrivava così agli anni 2000. Le commesse, vuoi di prodotti editoriali che commerciali, giungevano da tutta Europa. Il fatturato per terzi rappresentava oltre il 70 per cento rispetto a quello dell’Editore San Paolo. I Paolini si rendevano conto che lo stabilimento si era trasformato in “una cosa grande” e avvertivano di non essere in grado di garantirne la stabilità, considerandolo ben al di là della loro vera “mission”.

Ed è proprio in quest’ottica che nel 2001, per assicurare maggiori garanzie di continuità allo stabilimento, decisero di rinunciare alla sua gestione diretta cedendone le quote di maggioranza a Bagel, del gruppo tedesco Karl Rauch Verlag presente in tutta Europa e socio del colosso Burda.

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Passava poco più di un decennio e RotoAlba – nel pieno della crisi finanziaria che ha investito il mondo e di quella dell’editoria in particolare – finiva nelle mani del GVE, nonostante l’opposizione, anche in tribunale, della San Paolo. Guido Veneziani acquistava così nel 2012 per un milione di euro lo stabilimento di via Liberazione, con il quale aveva già un debito di 5 milioni. In pochi anni era cambiato il mondo – quello della comunicazione in particolare – e la stamperia aveva urgenza di investimenti. Questo, almeno, speravano i lavoratori, i Paolini, gli albesi. Ma le promesse, sebbene ratificate da precisi vincoli di contratto, non vennero mantenute. Lasciata a sé stessa, privata degli indispensabili adeguamenti tecnologici, abbandonata dai clienti maggiori e condotta da maestranze sfiduciate, la stamperia si è tristemente avviata al suo destino.

Spiega don Rosario Uccellatore, direttore generale della Editoriale San Paolo: «Nel mondo economico, quale regola di base, le inefficienze di un imprenditore debbono ricadere su se stesso. Veneziani in questi anni non ha esitato a far ricadere le inefficienze dello stabilimento di Alba sui clienti, in particolare la San Paolo, nonostante questa pagasse ogni anno circa un milione in più rispetto ai prezzi di mercato. Abbiamo comunque meglio sopportato questo pesante vincolo contrattuale perché sia Famiglia Cristiana che La Domenica venivano stampate ad Alba. I Paolini hanno nel loro Dna uno sguardo etico che non hanno mai trascurato, mentre Veneziani sta tentando di scaricare su di noi tutte le responsabilità economiche e imprenditoriali che, invece, fanno capo solo a lui».

L’amministratore unico della Periodici San Paolo, don Sante Sabatucci aggiunge e precisa: «Lo stabilimento di Alba, una volta all’avanguardia e punto di eccellenza in Italia, oggi è ormai obsoleto e certamente non più competitivo a motivo dei mancati investimenti, dell’inadeguata manutenzione e dei tanti problemi tecnici, sindacali ed economici all’ordine del giorno. Solo negli ultimi 12 mesi abbiamo dovuto registrare una molteplicità innumerevole di disservizi legati soprattutto a problemi di stampa e di confezionamento che hanno comportato forti ritardi nelle consegne di Famiglia Cristiana con gravi ripercussioni negative sul fronte distributivo, in particolare rispetto ai nostri punti vendita parrocchiali e verso i nostri abbonati. Ancor più grave e indicativo è il fatto che, a motivo di scioperi o di tagli dell’energia elettrica, la Periodici San Paolo si è trovata costretta a dover far ricorso ad altri stampatori per ben sei numeri della rivista nell’ultimo anno. A tutto questo va aggiunto, e non è affatto secondario, l’aspetto più strettamente economico: il mercato offre oggi il medesimo prodotto a circa il 40 per cento in meno rispetto ai prezzi praticati da Veneziani».

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Don Sabatucci tiene a sottolineare come i Paolini ritengano di aver fatto tutto il possibile. «L’attaccamento affettivo allo stabilimento e l’attenzione alle famiglie coinvolte ci ha permesso di superare tutti questi problemi e ci ha spinti a rimanere, continuando a sperare fino all’ultimo». E un po’ amareggiato, chiosa: «Purtroppo Veneziani non ha mai veramente creduto e puntato su questo stabilimento». E come prova porta ad esempio il fatto che non è stato mantenuto l’impegno di avviare nella stamperia di via Liberazione la stampa in rotooffset. «Se Veneziani l’avesse fatto – conclude don Sante – anche le altre nostre testate (Jesus, Credere, Benessere, Vita Pastorale, Il Giornalino…) sarebbero state stampate ad Alba invece che a Bergamo. Mirava forse a portare altrove anche la commessa di Famiglia Cristiana passandola su rotooffset (cosa che più volte ci ha proposto)? O magari pensava di cederla a qualche imprenditore terzo che certamente non avrebbe avuto Alba nei propri obiettivi strategici?».

Domande retoriche? I rumors suggeriscono che ci sarebbe stata un’offerta, mai peraltro formalizzata, di Vittorio Farina: rilevare un ramo d’azienda di RotoAlba (quale?) con una manipolo di dipendenti, assicurarsi con un contratto blindato di almeno 5 anni la commessa dei Paolini con un piccolo sconto rispetto ai prezzi attuali di stampa, ottenere una fortissima riduzione dell’affitto dello stabilimento e garantirsi la possibilità di stampare la rivista anche altrove dopo qualche mese. Una proposta e un passaggio che con ogni evidenza non avrebbe risolto il “buco” da 12 milioni accumulato né salvato i lavoratori.

C’è una nota ben curiosa da registrare al riguardo: la segnala il Fatto quotidiano, che alle vicende di GVE legate all’Unità dedica da tempo ampio spazio. Farina (che già si era dimostrato interessato nel 2012, da competitor di GVE, allo stabilimento di via Liberazione) è il patron di Ilte, da cui Veneziani ha appena acquisito Enerprint. Chiosava il giornalista Luigi Franco il 24 aprile: «Due mesi fa Farina ha ceduto a Veneziani una società attiva nel settore tipografico e ora si offre di comprargli un pezzo della stamperia di Alba. Con i lavoratori che stanno a guardare se lo scambio ci sarà, in attesa di ricevere fino in fondo lo stipendio di marzo».

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