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A Monforte l’arte ai bambini si spiega nella stanza delle marionette

A Monforte l’arte ai bambini si spiega  nella stanza delle marionette

 

MONFORTE I laboratori di Monica Bono alla mostra di opere di Mario Lattes aperta dal 17 febbraio

“Spiegare l’arte ai bambini”, un titolo semplice ma ambizioso. Venerdì 17 febbraio partiranno laboratori didattici curati da Monica Bono per illustrare ai più piccoli la mostra “La stanza delle marionette. Opere di Mario Lattes”, allestita nella sede della fondazione Bottari Lattes. Le attività si terranno fino al 3 marzo ogni giovedì e venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 13.45 alle 15.45. Un laboratorio aperto agli alunni delle scuole dell’infanzia, elementari e medie.

 

Le scuole che desiderano partecipare possono scrivere alla fondazione monfortese (archiviobiblioteca@fonda zionebottarilattes.it). Per il pubblico la mostra è visitabile da lunedì a venerdì (ore 10-12 e 14.30-17) e il sabato (15.30-18.30; ingresso libero).

Quale metodo utilizza per spiegare l’arte ai bambini, Monica?

«Non seguo una scuola precisa. Vado a istinto. La metodologia varia a seconda delle esigenze dei bambini e della loro specificità. Lo scopo invece è definito: aprire canali comunicativi attraverso l’arte».

Quali sono questi canali?

«Il mondo interno dei bambini è vastissimo. Quando non sono vincolati da didattica e regole rigide i più piccoli esprimono vissuti molto interessanti. Dopo aver spiegato una mostra d’arte ai bambini di terza media una maestra mi disse: “Il mio modo di guardare gli alunni e le loro potenzialità non è più quello di prima. Cambierò metodo di insegnamento”. Perché ebbe questa intuizione? Il bambino a cui si riferiva, dopo aver osservato un dipinto, aveva scritto un testo magnifico in cui descriveva semplicemente le impressioni suscitate in lui dal quadro, senza sapere nulla del pittore. Un testo corretto, emotivamente intenso. Come era mai riuscito a fare in classe. La maestra aveva capito che l’arte può innescare uno straordinario processo evolutivo».

È una forma quasi terapeutica.

«L’arte ha un forte potere liberatorio. Pensiamo all’arteterapia, musicoterapia, danzaterapia. Nel caso dei nostri laboratori non ci proponiamo di curare, ma di aiutare a percepire in modo diverso e a esprimere i sentimenti sottostanti. Tutti abbiamo ancora del primitivo, un istinto profondo denso di significati. Se mettiamo una pietra di fronte a un bambino, lui comincerà a incidere. È automatico, un retaggio ancestrale».

Com’è arrivata a quest’idea?

«È un servizio che regalo alle creature in evoluzione anche alla luce del fatto che sono mamma di due piccoli fiorellini, mia fonte di ispirazione e banchi di prova. I laboratori terminano con lo spiegare le opere, col confrontare il proprio vissuto con quello che l’autore vuole trasmettere; col raccontare gli artisti, contestualizzando le opere nella realtà».

m.v.

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