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Guido Sacerdote, un albese in Rai per Studio Uno e i grandi varietà

Guido Sacerdote, un albese in Rai per Studio Uno e i grandi varietà

PERSONAGGIO
Il celebre programma prodotto da Guido Sacerdote negli anni ’60 nella nuova fiction televisiva
Tra gli ideatori dell’epoca d’oro della Rai c’era un albese: Guido Sacerdote (1920-1988), farmacista, amante del teatro e pioniere dello spettacolo televisivo italiano. Con il regista Antonello Falqui, negli anni ’60 diede avvio come produttore a una stagione di programmi entrati nella storia del costume: Giardino d’inverno, Canzonissima, Studio Uno. Il 13 e il 14 febbraio Raiuno renderà omaggio all’indimenticabile stagione televisiva con la fiction C’era una volta Studio Uno, diretta da Riccardo Donna. Franco Fava, sociologo di origine albese, è autore della biografia Alba-Broadway sola andata: Guido Sacerdote, un albese nel mondo dell’etere, pubblicata nel 2004.

Chi era Sacerdote?
«Apparteneva a una delle poche famiglie ebraiche albesi. Visse il dramma delle persecuzioni razziali. Venne nascosto prima in città e poi a Mango, da una famiglia di contadini. Finita la guerra e la paura, riprese a lavorare nella farmacia paterna, in corso Langhe, dove rimase fino agli inizi degli anni Cinquanta. La sua grande passione era il teatro, tanto da mettere in piedi una compagnia amatoriale al Circolo sociale. La svolta venne grazie a Remigio Paone, il più grande impresario dell’epoca, che lo introdusse alla Rai di Milano, in corso Sempione, dove iniziò la sua brillante carriera».

Com’è possibile, per un farmacista di provincia, entrare nello sfavillante mondo dello spettacolo?
«Alba era sì una piccola città, ma animata da un fervore culturale unico. C’erano Beppe Fenoglio e Pinot Gallizio, ma anche giovani talentuosi come Beppe Modenese, oggi presidente onorario della Camera nazionale della moda, che mosse i primi passi a Milano proprio grazie a Sacerdote. La televisione era un mondo nuovo, ricco di opportunità. Malgrado non avesse esperienze nel settore, Guido conosceva i classici del teatro e aveva ottime carte da giocare».

Dal sodalizio con Antonello Falqui, negli anni ’60 nacque il varietà televisivo: quale fu la svolta?
«Fino a quel momento i programmi erano incentrati su dinamiche proprie del teatro, come l’avanspettacolo e il cabaret. Il varietà era un genere nuovo, che univa canto, ballo e siparietti umoristici. In un’ora e mezza si alternavano in scena grandi professionisti a un ritmo molto veloce. La scenografia era essenziale, così da lasciare ai protagonisti una certa libertà d’azione. Tutto si svolgeva in diretta, senza possibilità di errori. Ogni puntata era preceduta da ore di prove, condotte con la massima serietà. Era uno spazio di educazione e di svago, capace di intrattenere davanti allo schermo l’Italia del boom economico: milioni di persone di ogni età, rapite da quella magia».

E fu così che apparvero grandi nomi della Tv.
«Durante un viaggio a Parigi, Sacerdote e Falqui videro ballare al Lido due bellissime ragazze tedesche: erano le Kessler, che esordirono di lì a poco in Giardino d’inverno nel 1961. Tra le altre scoperte, ebbero l’intuizione di lanciare Mina come personaggio televisivo, non solo come cantante, tanto da farne la star di molti programmi. Sacerdote mai smise di essere un talent scout. A un concorso per selezionare volti nuovi, a inizio anni ’80, riconobbe il talento in tre esordienti: Fabio Fazio, Alessandro Cecchi Paone e Piero Chiambretti».

E i rapporti con la sua città d’origine?
«Guido rimase per tutta la vita legato ad Alba. Sarebbe bello ricordare questa figura, che le nuove generazioni ignorano. In proposito, lancio un appello al Festival della Tv e dei nuovi media di Dogliani: sarebbe un degno omaggio inserire nel palinsesto la figura di Sacerdote, pioniere nella nostra televisione».

Francesca Pinaffo

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