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«Il mio settimanale, capace di parlare di tutto e in modo approfondito»

«Il mio settimanale, capace di parlare di tutto e in modo approfondito»

#GAZZETTAUGURI Per Giuseppe Trosso, sessantasettenne di Piobesi, leggere Gazzetta d’Alba è una questione di famiglia. Non potrebbe essere altrimenti, in quanto pronipote di don Sebastiano Trosso, che fu tra i primi collaboratori di don Giacomo Alberione, oggi beato, nella fondazione e nella crescita della Società San Paolo.
E così facciamo un salto indietro a fine ’800: «Don Sebastiano era uno dei fratelli di mio nonno. Nacque a Corneliano nel 1894, nella stessa casa in cui sono nato io. Entrò nel Seminario diocesano di Alba all’età di soli dodici anni e si dedicò agli studi di teologia con grande impegno, per poi continuare nel campo tipografico», spiega Giuseppe, che prosegue: «Purtroppo non ho molti ricordi di lui, perché morì nell’ottobre del 1952, quando avevo appena due anni. In famiglia, però, si parlava spesso dello “zio prete”: era un uomo intelligente, sempre allegro e socievole. Per esempio, mia nonna mi raccontava che, quanto tornava in paese, don Sebastiano era solito regalarmi caramelle e dolcetti vari».

Sembra proprio questo il tratto principale del carattere di don Sebastiano, «una bontà schietta, cordiale, che a volte si manifestava in rumorose manifestazioni d’affetto, ma più sovente restava ignota agli stessi beneficiati», come si legge su un articolo pubblicato nel 1952, all’indomani della morte del sacerdote. Così si scopre un’altra pagina della sua biografia: nel 1915 Trosso partì in guerra come volontario e, per i grandi meriti, ottenne tre medaglie al valor militare e la promozione a capitano a soli 24 anni.

E poi si arriva alla San Paolo: «Dopo la guerra», si legge, «fu tra i primi seguaci del teologo Alberione nella fondazione della nascente congregazione. Per vari anni, diresse e guidò un numeroso gruppo di giovani aspiranti nella pietà, nello studio e nel lavoro tipografico». Poi vennero il Brasile e l’Argentina, dove si trasferì nel 1931 per fondare le prime due case in America. «Morì ad Alba, quando aveva appena 58 anni», racconta Giuseppe. Da prozio a nipote, si torna al presente: «Forse anche per la storia di mio zio, per me il martedì è il giorno di Gazzetta d’Alba. È stata mia suocera a regalarci l’abbonamento, circa trent’anni fa. Prediligo le pagine di Alba e quelle del Roero, ma anche la parte dedicata alla vita ecclesiale».

E conclude: «Che cosa mi piace di Gazzetta d’Alba? Si parla di tutto e in modo approfondito, dalla storia all’attualità. In più è un settimanale: arriva il martedì e mi accompagna per i sette giorni che seguiranno!».

Francesca Pinaffo

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