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Abitare il Piemontese: scopriamo il significato del termine “Passman”

Paolo Tibaldi ci racconta aneddoti le

ABITARE IL PIEMONTESE

Passman: Percossa piuttosto violenta, lezione a suon di botte

Le pagelle diventano elettroniche, ma le patele restano… piuttosto tangibili. Sebbene di primo acchito possa suggerire un supereroe piemontese, il passman è quella “serie di colpi più o meno violenti inferti da una persona all’altra con mani, o altri corpi contundenti (bastoni, ecco…), escludendo naturalmente le armi da fuoco”.

Possiamo serenamente sostenere che si tratti di una percossa piuttosto violenta: quando non bastano più le parole, quando la pedagogia è una parola per persone razionali, quando la nonviolenza è solamente un miraggio associabile a Gandhi, quando le buone (maniere) non hanno destato il loro effetto, quando lo stadio di epiteti e improperi è appena stato superato… ecco che si passa alle botte, alle patele, agli s-giaflon, ai bertàs, alle reazioni manesche mirate ad ottenere ciò che si vuole (per vendetta, divertimento, bullismo) con strigliate fisiche, identificate da taluni come “lettura del Vangelo”, tanto per giustificare che ciò che si è fatto, è avvenuto per riportare sulla retta via il malcapitato.

“Passement” era un termine francese, ora desueto, per indicare un pizzo pregiato, un merletto raffinato: la cosiddetta passamaneria, di cui facevano parte bordi intrecciati e bordi dorati che si usavano per abbellire tessuti e abiti. Per traslato ironico, quindi, fare il nostro passman a qualcuno, significa appunto adornarlo…di botte. Chi lo subisce ne porta i segni ed è quindi adornato dalle percosse ricevute. Attenzione però a non confonderci con “passaman” che invece significa “corrimano”, oppure “passaggio di mano in mano (oggetti, proprietà o catena di montaggio)”.

Naturalmente la parola di oggi vuol essere, proprio per tutti, un invito alla non violenza, al rispetto per ogni qualsivoglia essere vivente, valevole tutto l’anno. A tal proposito, scriveva Fenoglio: “…tutto il male che capita, la causa, è la forte ignoranza che abbiamo”.

Paolo Tibaldi

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