Truffe comunitarie per i pascoli, sotto processo cooperativa di Marene

Contestata evasione fiscale per oltre 500 mila euro

TRUFFA Risale al 2015 l’inchiesta condotta da Corpo forestale dello Stato e Guardia di Finanza, denominata “Heidi”, che aveva condotto all’arresto di un’intera famiglia, titolare della cooperativa agricola “Il Falco” di Marene. Tutto era partito quando gli agenti della forestale scoprirono delle aziende percepivano aiuti dall’Europa, tramite la Pac (Politica agricola comunitaria), attestando di tenere a pascolo terreni dove questo non è possibile oppure appezzamenti che, pur adatti, non erano mai stati utilizzati per l’allevamento; la cooperativa avrebbe fornito di un “pacchetto documentale” completo, stipulando contratti perfino con persone decedute o totalmente inconsapevoli.

Continuano in queste settimane a Cuneo le deposizioni dei testi dell’accusa nel processo scaturito dall’operazione: imputati gli imprenditori agricoli E.G. di Marene, A.G. di Sant’Albano Stura, S.S. di Cherasco, G.B. residente nel Torinese e A.B. di Chiusa Pesio – difesi dagli avvocati Alberto Leone, Stefano Barzelloni, Elio Botto, Francesco Gambino e Raffella Giuliano -, ai quali il pubblico ministero Alberto Braghin contesta il reato di frode comunitaria. Dalle indagini sarebbe emerso che in alcuni casi il medesimo “Modello 7”, documento di origine e sanità per l’alpeggio e la transumanza degli animali, predisposto dal Servizio Veterinario dell’ASL, sarebbe stato utilizzato per la presentazione della domanda di finanziamento da parte di più aziende agricole. Guardia parco e carabinieri forestali dal canto loro hanno ricordato che si erano recati in alcuni alpeggi per i quali erano state presentate domande di contributo, riscontrando che questi erano impenetrabili, rendendo impossibile l’accesso agli animali, oppure gli animali non erano presenti e l’erba non era stata pascolata.

I contributi percepiti senza averne diritto ammonterebbero a oltre due milioni di euro; qualora fosse dimostrato che, come ipotizzato dagli inquirenti, si tratti di profitto del reato, in caso di condanna la somma dovrebbe restare nelle casse dello Stato.

Si sono costituite parti civili nel processo l’Agenzia regionale piemontese per le erogazioni in agricoltura (ARPEA) e l’Agenzia per le erogazioni in agricoltura (AGEA).

Adriana Riccomagno

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