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Abitare il piemontese: la parola di questa settimana è Cȓòta (cantina, scantinato, cella, grotta)

Vuol dire trovata, scoperta, rimedio, invenzione.

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ABITARE IL PIEMONTESE Per qualcuno è la meta del castigo, per qualcun altro la zona più fresca della casa, per altri non esiste posto più spirituale, talvolta è un’osteria seminterrata. Stiamo parlando della cȓòta, la cantina: locale pertinente alla comune abitazione oppure un’azienda agricola che vinifica in proprio.

Del sostantivo esistono due varianti. Con cȓotin (piccola cantina) s’intende il luogo più fresco della casa. Scavato nel tufo sotto la cantina o comunque nel profondo della collina, come una galleria o lungo la strada, aveva più utilizzi: raccogliere acqua, depositare attrezzi, riparare persone durante gli improvvisi temporali (le ramà). Il cȓotin era soprattutto il luogo dove far maturare i formaggi e stoccare il vino a temperatura ottimale, un frigorifero naturale con la giusta umidità. Qualcuno è solito chiamare il cȓotin con una parola altrettanto tipica: infernòt (dal latino infernum, inferiore, sotterraneo). Ce ne sono di meravigliosi a Calosso.

Al contrario il cȓoton (cantinona) è una grande grotta o una cantina di dimensioni spropositate. Talvolta s’intende anche la prigione militare, probabilmente per ragioni dovute alla scarsità di luce in un ambiente eccessivamente umido e freddo. Per questo un sinonimo di andare in prigione è andare al fresco. L’origine di cȓòta e delle sue varianti è dal latino medievale cruptam (cantina, caverna) dal verbo greco krupo (io nascondo). Gli allotropi italiani grotta e cripta si riconducono così alla medesima origine. Si pensa anche a un’influenza celtica klotton (buca, fossa) di significato affine.

Concludiamo con un modo di dire utilizzato per esprimere allegria, soddisfazione, sazietà: esse pì su che Vigio ‘n cȓòta (essere più su che Luigino in cantina). Pur essendo in un luogo basso come la cantina, questo Luigi è su di morale, certamente amante del buon vino, effettuava frequenti alzate di gomito. La favolistica popolare si è impadronita di questo personaggio e ne ha creato una storia, oggi dai contorni approssimativi. Una cosa è ben chiara: la felicità di Luigi quando arriva in cantina. È da rilevare che di questi bevitori che esauriscono il loro orizzonte nelle grandi cioncate è piena la narrazione popolare. La felicità del beone soddisfatto è quindi diventata un luogo comune per obnubilare i problemi e illudersi di una situazione temporaneamente beata.

Paolo Tibaldi

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