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Pallapugno: Cardino e la partita maledetta

NEIVE La tradizione della pallapugno a Neive ha radici profonde. L’attività ora si svolge nello sferisterio intitolato a Eugenio Arossa, uno che sulla piazza di Borgonuovo ha colto numerosissime vittorie, fino a conquistare, nel 1979, il titolo di terza categoria (l’odierna Serie C) con la formazione della Mangimi Capetta. Arossa era la spalla del battitore Bruno Cavallero. I terzini erano Domenico Massucco e Angelo Almondo. Su quella piazza erano quasi imbattibili.

Oggi, il nome del balon neivese viene tenuto in alto da Davide Barroero, che nel 2017 ha portato la società nella massima serie, giocando con un neivese d’adozione, il macedone Nenad Milosiev. Perché oggi anche lo sport più tradizionale delle nostre colline deve misurarsi con una società che cambia.

In precedenza Neive visse altri momenti di gloria nel mondo degli sferisteri e nel 1930 vinse anche un titolo di Serie A, sul campo da gioco di via Napione a Torino, con il ligure Raffaele Ricca battitore, la spalla e il terzino neivesi Ercole Donetti e Giovanni Gallarato e l’altro terzino Domenico Depanis, astigiano di Castello d’Annone.

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Un altro protagonista degli anni ruggenti del balon neivese è Ferdinando Cardino, 97 anni, residente a Genova dal 1947, dove è diventato avvocato. E forse è stata proprio la delusione per una sconfitta ad avergli fatto abbandonare fasce e cuoio a beneficio della professione forense.

Cardino (abbonato a Gazzetta d’Alba da lunga data) ha raccontato la sua esperienza sportiva all’ex sindaco Mauro Versio, che sta lavorando a un libro sulla storia del paese, nel quale anche il balon ha il posto che merita.

Ferdinando Cardino, classe 1921, vinse nel 1938 da battitore il Torneo delle Langhe con la squadra giovanile del suo paese. Con lui giocavano Attilio Giacosa (poi caduto in Russia), il fratello Giovanni Cardino (classe 1923, che parteciperà alla Resistenza) e Gino Grasso. Il premio ai giovani neivesi venne consegnato allo sferisterio Mermet dal conte di Mirafiori. Poi, come tutti quelli della sua generazione, Ferdinando Cardino dovette fare i conti con la guerra e fu mandato sul fronte greco-albanese. Ritrovò il balon alla fine del conflitto.

Pallapugno: Cardino e la partita maledetta

Nel 1947, la partita che cambiò la sua vita sportiva e professionale. Quell’anno Cardino partecipò al campionato di Serie B, sempre con la casacca di Neive. A ottobre, allo sferisterio di via Napione, contro la squadra di Acqui Terme guidata da Armando Solferino – che poi vincerà il campionato e nel decennio successivo conquisterà due titoli di Serie A – i neivesi conducevano per 8-5. Poi, secondo Ferdinando Cardino, ci furono un paio di giochi dall’andamento poco chiaro. All’epoca le scommesse incidevano molto (nel bene e, spesso, nel male) sull’andamento delle partite e Cardino ritiene che da parte di alcuni compagni ci sia stato un atteggiamento poco corretto. Come si dice in gergo, potrebbero aver “mollato” due giochi. «Io me ne sono accorto, mi sono scoraggiato e abbiamo perso la partita. Da allora (avevo 26 anni) non ho più toccato il pallone, anche perché dovevo studiare per laurearmi», racconta Cardino.

Dei due fratelli neivesi scrisse anche, nel 1981, il professor Remo Gianuzzi su Gazzetta d’Alba e, prima ancora, ne parlò nel libro 100 anni di pallone elastico. Ecco come descriveva Ferdinando Cardino: «Possedeva un fisico notevole, spiccava per l’alta statura, per l’intelligenza tattica, per la serietà del comportamento. Sotto il profilo tecnico si faceva notare per la battuta lunga, alta e precisa. Per sicurezza e regolarità si distingueva anche nel ricaccio al balzo. Il fratello Giovanni, di temperamento più vivace e impulsivo, era una spalla pronta e scattante, buon colpitore al volo».

Gianuzzi ricorda anche i derby tra i neivesi e la squadra di Castagnole delle Lanze, guidata da Vincenzo Giovannone e Pedrito Rivetti: «Scontri appassionanti, condotti e vissuti all’insegna del più schietto campanilismo».

Corrado Olocco

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