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Cristo dà fiducia anche a quanti l’hanno tradito

PENSIERO PER DOMENICA – V TEMPO ORDINARIO – 10 FEBBRAIO

Il tema che unifica le letture della V domenica è la chiamata. I protagonisti sono tre personaggi-chiave della tradizione ebraico-cristiana: Isaia, Pietro e Paolo. Le tre letture raccontano momenti ben identificati nelle loro vicende personali: la chiamata di Isaia nell’anno della morte del re Ozia, nel 740 a.C. (Is 6,1-8), il primo annuncio della risurrezione di Cristo a Corinto ad opera di Paolo (15,1-11) e la chiamata di Pietro sulle rive del Lago di Gennesaret (Lc 5,1-11).

La trascendenza del Dio che chiama. Il Dio biblico, vicino fino al punto di parlare al suo popolo, fino a manifestarsi a esso in forma umana con Gesù, conserva pur sempre il suo carattere trascendente. A differenza degli dèi greci o del divino panteista, è il Totalmente Altro. Questa alterità, che Isaia coglie in una misteriosa visione, si è manifestata a Paolo come miracolo di risurrezione, più potente di ciò che sulla terra vi è di invincibile, la morte. A Pietro la potenza di Dio operante in Gesù si è manifestata più prosaicamente sotto forma di una miracolosa pesca nell’ora meno deputata a essa, anche se Luca nota che in precedenza era stata la sua Parola ad affascinare Pietro e le folle. Questo senso di Dio è alla radice di ogni scelta di fede e di ogni vocazione.

Cristo dà fiducia anche a quanti l’hanno tradito
La chiamata di san Pietro, miniatura di Liberale da Verona del XV secolo (Siena, libreria Piccolomini).

La consapevolezza della propria indegnità è la prima naturale reazione di fronte alla trascendenza e al sacro. Isaia si sente «perduto perché uomo dalle labbra impure e in mezzo a un popolo dalle labbra impure». Paolo si percepisce come «il più piccolo tra gli apostoli», addirittura un «aborto». Pietro, con la spontanea irruenza che lo caratterizza, si getta alle ginocchia di Gesù dicendogli: «Allontanati da me perché sono peccatore». È normale che nessuno si senta all’altezza della chiamata a collaborare al progetto di Dio: sia che si tratti di fare il catechismo ai bambini come di fare il Papa

Assumersi delle responsabilità è il modo migliore di superare l’inadeguatezza e i sensi di colpa. La persona riconosce i propri errori, si assume la responsabilità dei propri atti, denuncia il danno che ha causato e si sforza di migliorare in futuro la propria condotta. Vissuta così, l’esperienza della colpa fa crescere la persona. Il Dio biblico dà fiducia a chi chiama. Gesù si colloca esattamente in questa linea: offre immediatamente a Pietro la nuova missione di «pescatore di uomini». Noi sappiamo che lo farà anche dopo la colpa ben più grave del rinnegamento, confermando di aver scelto Pietro come leader della comunità dei discepoli. Anche oggi Gesù chiama e dà fiducia a tutti.

Lidia e Battista Galvagno

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