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Gabriele Cirilli con gli Addams, miti della satira

TEATRO Come dimenticare il baciamano di Gomez a Morticia, gli scherzi tragicomici di Mercoledì e di Pugsley, ma anche zio Fester, la nonna e Lurch? La famiglia Addams, ideata dal disegnatore statunitense Charles Addams negli anni ’30 per un fumetto, fa parte dell’immaginario comune, anche grazie a cartoni animati, serie televisive e film. L’occasione per ritrovare i componenti della più eccentrica e macabra delle famiglie, dietro alla quale si cela una satira di costume, è la tappa albese del musical La famiglia Addams, in programma al teatro Giorgio Busca per lunedì 18 febbraio, alle 21. Sul palco un cast di più di quindici attori, diretti da Claudio Insegno.

Gabriele Cirilli con gli Addams, miti della satira
Il cast della Famiglia Addams in una delle repliche della commedia.

Nel ruolo di Gomez, il capo famiglia, è stato scelto Gabriele Cirilli, comico di origini abruzzesi. Dai film alle fiction, da Zelig a Tale e quale show, la sua carriera è costellata da personaggi. Il suo Gomez si trova a fare i conti con l’incubo di ogni padre: la primogenita Mercoledì, cresciuta tra scherzi macabri ed esperimenti, è diventata una piccola donna e si innamora di un ragazzo dolce e sensibile.

Gabriele Cirilli, come sarà la famiglia Addams versione musical?

«Non si tratta di un semplice musical, ma di un musical comico, un po’ come le commedie musicali di una volta, che facevano ridere a crepapelle. Oltre alla comicità, i punti di forza sono canzoni di alto livello e una scenografia studiata nei dettagli: gli Addams, che conosciamo tutti molto bene, si muovono all’interno di un castello, le cui porte si aprono e si chiudono, con luci a effetto. Dietro al risultato finale c’è un grande lavoro di squadra, merito di Claudio Insegno, che è riuscito a orchestrare un cast affollato, missione non semplice».

E per lei com’è stato cantare e ballare sul palco?

«È stata la primissima volta e a 51 anni è stata una bella sfida. Ma al di là della fatica, credo di essermela cavata. A dire la verità, avevo un po’ di paura per la parte canora, ma oggi possiamo dirlo con certezza: canto molto bene!».
Sembra essere un periodo di grande successo per i musical.

«Sarò un po’ controcorrente, ma credo che ci siano troppi musical. Nella sola Milano, qualche tempo fa erano in scena ben quindici spettacoli musicali. Siamo arrivati all’eccesso: si rischia di inflazionare il genere e di non riconoscere più gli spettacoli di qualità. A convincermi a interpretare Gomez è stata proprio l’originalità. In generale penso che non si debba mai arrivare a sfruttare troppo un genere o un ruolo. Per esempio, fino a qualche anno fa tutti i comici avevano all’attivo almeno un libro, fino a quando è iniziato a calare l’interesse da parte del pubblico».
Come definirebbe la sua comicità?

«Far ridere non è affatto semplice e ci vuole una certa predisposizione. La mia comicità è un patchwork di battute e satira sociale: mi piace mettere in evidenza ed esasperare gli aspetti più contraddittori della nostra società, le tendenze e tutto ciò che riguarda il costume. Per scelta non mi sono mai cimentato con la satira politica, che non credo mi appartenga, almeno per ora. Quando si sceglie questo mestiere, l’importante è instaurare un’empatia con il pubblico: è l’aspetto che amo di più. Per questo preferisco dedicarmi al teatro: le risate sono immediate e il calore delle persone arriva direttamente sul palco».

f.p.

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