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Moscato, vede la luce il Canelli Docg

Moscato: per i vigneti serve maggior tutela

VINO È dal 2011 che se ne parla, da quando cioè la sottozona Canelli fa parte del disciplinare della Docg Moscato d’Asti. Da allora, molti produttori hanno iniziato a immaginare che quella sottozona potesse un giorno divenire una denominazione a sé stante. Negli anni seguenti, quell’ipotesi si è fatta via via più realistica, soprattutto da quando un gruppo di vitivinicoltori della sottozona hanno deciso di unirsi e costituire un’associazione, la Produttori Moscato di Canelli, che ha saputo dare concretezza ai sogni e tradurre le speranze in realtà. Importante è stato il dialogo che da un paio di anni si è sviluppato nel Consorzio dell’Asti, dove sono confluiti tanti piccoli produttori che prima erano rimasti all’esterno del sodalizio. Il confronto e il dialogo hanno compiuto il miracolo e così, lunedì 15 aprile, il progetto Canelli Docg ha iniziato il cammino per raggiungere una denominazione di origine specifica.

Moscato, vede la luce il Canelli Docg
l gruppo di produttori che ha dato vita al Canelli Docg. La zona di produzione riguarda: Santo Stefano Belbo, Castiglione Tinella e, in parte, Neive, Neviglie, Cossano e Mango.

È vero che questo progetto potrebbe togliere al patrimonio dell’Asti e del Moscato d’Asti una parte di superficie e produzione, ma darà un contributo al progresso di questo settore produttivo. È stato varato il disciplinare della nuova Docg Canelli o Moscato di Canelli che avrà quattro tipologie: Canelli e Canelli con indicazione di vigna, Canelli Riserva e Canelli Riserva con indicazione di vigna. Quest’ultima è diversa dalle menzioni geografiche aggiuntive: riguarda una sola proprietà e, secondo le norme regionali, deve avere una resa inferiore del dieci per cento rispetto a quanto prevede il disciplinare.

La zona di origine occupa una delle aree dove il Moscato ha la tradizione più antica e un livello qualitativo elevato: 19 paesi, dei quali 12 in provincia di Asti – Calamandrana, Calosso, Canelli, Cassinasco e Coazzolo per intero e Bubbio, Castagnole Lanze, Costigliole d’Asti, Loazzolo, Moasca e San Marzano Oliveto solo in parte – e 7 in provincia di Cuneo – Camo, Castiglione Tinella e Santo Stefano Belbo per intero e Cossano Belbo, Neive, Neviglie e Mango solo in parte. In tale zona, i vigneti che potranno produrre il Canelli Docg nelle sue tipologie dovranno garantire caratteri efficaci di tipo pedologico e ambientale per consentire al vitigno Moscato di produrre una qualità eccellente. Le rese a ettaro sono più contenute rispetto all’Asti: 9.500 chilogrammi per il Canelli e il Canelli Riserva e 8.500 chilogrammi per le tipologie con indicazione della vigna. Di estremo interesse sono le due tipologie riserva, i cui vini potranno essere immessi al consumo non prima di trenta mesi di invecchiamento di cui almeno venti mesi di affinamento in bottiglia, calcolati dal 1° ottobre dell’anno della vendemmia.

L’iter burocratico è appena iniziato e in questi casi la cautela è d’obbligo. Ragionevolmente dovrebbe consentire di avviare la nuova denominazione con la vendemmia 2020.  Pertanto, i primi vini sul mercato potrebbero arrivare ad aprile del 2023, a meno che in fase di riconoscimento non venga concessa la retroattività su qualche annata precedente. In questo caso, i tempi potrebbero accorciarsi. Nel frattempo i produttori potranno applicare volontariamente queste norme con la formula del Moscato d’Asti Docg con la sottozona Canelli. Per quanto concerne il potenziale produttivo, al momento gli ettari interessati alla sottozona Canelli sono 325, attribuibili a 68 aziende. In occasione della vendemmia 2018, 27 aziende hanno avviato tale produzione su una settantina di ettari e con una produzione di circa 500mila bottiglie.

Giancarlo Montaldo

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