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Perché alcune persone non sono più “prossimo”?

PENSIERO PER DOMENICA – XV DEL TEMPO ORDINARIO – 14 LUGLIO

Il buon samaritano è il personaggio più popolare del Vangelo, quello che meglio incarna comportamento e filosofia di vita di Gesù. Per questo, il miglior commento della parabola (Luca 10,25-37) è di Gesù stesso: «Va’ e anche tu fa lo stesso». Questo comando, come ci ricorda il Deuteronomio (30,10-14), «non è troppo alto per te, né troppo lontano da te… è nella tua bocca e nel tuo cuore, perché tu lo metta in pratica». Il commento più facile e più scomodo.

Perché alcune persone non sono più “prossimo”?

Dalla classificazione del prossimo alla morte del prossimo. Ai tempi di Gesù c’era la classificazione del prossimo, identificato con il connazionale, il compagno di fede, il familiare, l’amico, l’alleato. I gradi di vicinanza, definiti con precisione, stabilivano quando era doveroso intervenire e quando no: il sacerdote e il levita della parabola hanno rispettato queste regole. Oggi siamo andati oltre, arrivando alla negazione sia del prossimo che del comandamento: alcune persone, in particolare rom e immigrati, non sono “prossimo”! Eminenti autorità politiche non solo rifiutano di farsi carico di queste persone, ma proibiscono di farlo. Il comandamento «Ama il prossimo tuo come te stesso» si è rovesciato nel suo opposto: «Vietato amare il prossimo»! In taluni contesti, è proibito aiutare il prossimo, al punto che per farlo bisogna fare obiezione di coscienza! Siamo all’anti-Vangelo.

Gesù ha rovesciato la cultura del suo tempo. Con questa parabola ha spiegato in modo chiaro che “prossimo” non è una qualifica passiva della persona in stato di necessità, ma una qualifica attiva: c’è un preciso dovere di “farsi prossimo”, di agire in vista del bene dell’altro, di chi ha bisogno. L’antitesi all’amore, il grande peccato, stigmatizzato da Gesù, è l’indifferenza di fronte a chi ha bisogno. In questa pagina, Gesù non ha nemmeno chiesto di andare a cercare le persone che soffrono, ma solo di aprire gli occhi e di attivarsi, di “farsi prossimo” alla vista di uno di loro. Ha però proposto una fraternità senza più barriere: razziali, politiche o religiose. Ogni uomo è prossimo.

A ognuno il suo compito. Il compito dei credenti, specificato dal Vangelo e instancabilmente richiamato da papa Francesco, deve tradursi anche in scelte politiche e in uno Stato sociale efficiente. Senza pretesa di dare consigli a nessuno, forse è il caso di ricordare che compito di chi governa è perseguire e neutralizzare i “briganti” e garantire mezzi di soccorso efficienti per le persone in difficoltà, non rendere la vita difficile a chi cerca di soccorrerle.

Lidia e Battista Galvagno

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