La sentenza d’appello conferma la condanna per l’omicidio del gioielliere Patrizio Piatti

Violenza sessuale, due arresti nell’Astigiano

TORINO «Quando si programma una rapina con un’arma da fuoco si accetta il rischio di una possibile degenerazione in altro reato, Erbino era a conoscenza del temperamento della vittima e sapeva che gli esecutori erano soggetti violenti dell’ambiente malavitoso locale»: Roberto Ponzio legale della famiglia del gioielliere Patrizio Piatti, ucciso a colpi di pistola nella sua villetta di Monteu Roero il 9 giugno 2015, commenta con questa precisa disamina gli esiti dell’udienza che ieri, mercoledì 29 ottobre, in Corte d’appello a Torino presieduta dal giudice Franco Greco, ha confermato la condanna a 18 anni di carcere, inflitta dal Tribunale di Asti, per Giancarlo Erbino, collega e concorrente torinese della vittima indicato come il mandante della rapina finita nel sangue.

Nel precedente atto del procedimento penale, conclusosi con il rinvio, il procuratore generale aveva richiesto la riduzione della pena a 13 anni per l’applicazione dell’attenuante del concorso anomalo previsto dall’articolo 116 del Codice penale mentre la difesa aveva sostenuto la linea assolutoria. «Il concorso anomalo si applica quando l’imputato non ha voluto un reato diverso da quello posto in essere, in questo caso il mandante ha avuto un ruolo di primo piano nella programmazione dell’episodio criminale, sapeva che un mese prima la vittima aveva reagito a un analogo tentativo di furto e ha accettato la degenerazione del fatto in omicidio».

Oltre alla pena detentiva da scontare, Giancarlo Erbino dovrà pagare le spese processuali e rifondere la famiglia di Patrizio Piatti, parte civile nel processo, del risarcimento concordato (350mila euro). Gli esecutori materiali dell’omicidio erano già stati condannati a conclusione di un iter penale separato giunto a compimento lo scorso 18 giugno: 16 anni per colui che, secondo l’accusa, premette il grilletto Francesco Desi, uguale pena per la mente del delitto Junior Giuseppe Nerbo. Pene di poco inferiori, 12 anni di carcere, a Salvatore Messina uno dei complici ed Emanuele Sfrecola. Il “palo” che attendeva in auto.

Davide Gallesio

Banner Gazzetta d'Alba