Don Paolo Rocca, il sacerdote albese che ha cura di circensi e lunaparkisti

IL COLLOQUIO Manca la cultura della solidarietà nel nostro impianto sociale e questa carenza produce incapacità di riconoscersi nell’altro. Dobbiamo perciò stare attenti nel considerare il nostro rapporto con alcune minoranze»: lo dice don Paolo Rocca, direttore del centro Migrantes attivo ad Alba, commentando il nuovo disegno di legge per la regolamentazione del nomadismo, attraverso il quale la Regione Piemonte intenderebbe superare il concetto di campo stanziale.

Don Paolo Rocca, il sacerdote albese che ha cura di circensi e lunaparkistiDon Paolo è al lavoro da anni all’interno del campo nomadi Pinot Gallizio. A suo avviso, proposte volte all’esclusiva proibizione o limitazione della pratica nomade rischierebbero di non cogliere la complessità antropologica del tema: la cultura gitana è ricca e sfaccettata, i pregiudizi e gli stereotipi circolanti ci allontanano da un’analisi appropriata. Don Rocca ha maturato un’esperienza pure nel mondo di un altro popolo non stanziale, quello dei giostrai, e spiega: «A inizio ottobre in duomo abbiamo celebrato la Messa per gli operatori del luna park che ha appena lasciato la città. Sono quasi 40 anni che seguo le famiglie di circensi e lunaparkisti, non solo ad Alba ma anche in zone del Piemonte che, su questo versante pastorale, risultano scoperte.

Inchiesta: la Regione vuole cambiare i campi nomadi

In questi ultimi due decenni a fare la parte del leone, attraendo ogni attenzione mediatica, sono stati gli immigrati stranieri e i profughi. Ma come Migrantes abbiamo cura dei cinque settori della mobilità umana: emigrati italiani nel mondo, immigrati, circensi fieranti e lunaparkisti, nomadi. Tentiamo di mantenere gli impegni pastorali di persone battezzate e in ogni caso nel pieno diritto di essere seguite dalla Chiesa».

Prosegue don Paolo: «Appena ordinato prete, negli anni Settanta, ho conosciuto don Dino Torregiani – che ha dato inizio all’apostolato tra la gente viaggiante – del quale è in corso la causa di beatificazione. Le famiglie per le quali ho celebrato anche quest’anno la Messa lavorano con entusiasmo e accolgono volentieri il sacerdote che aiuta anche ad affrontare le più diverse sofferenze umane».

s.e.

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