Tra le 40mila sardine di Torino anche un roerino: il suo racconto

40 mila sardine a Torino: il racconto di una di loro

TORINO “Torino non si Lega” è l’espressione più gettonata dai circa 40 mila manifestanti che ieri, martedì 10 dicembre, hanno invaso piazza Castello a Torino. Sono le cosiddette “sardine“, ovvero le anime del movimento sceso in piazza per la prima volta a Bologna il 14 novembre che, settimana dopo settimana, sta riempiendo le piazze d’Italia con l’obiettivo di dimostrare che esiste un’alternativa alle manifestazioni del centrodestra, schierandosi pacificamente contro il leader della Lega Salvini, la sua politica e i suoi slogan. Il tutto senza bandiere, né simboli di partito. Al massimo con qualche cartone a forma di sardina e molti libri sventolati per aria. «Perché i fascismi si combattono con la cultura»: è l’appello lanciato dagli organizzatori del flash mob torinese, che molti, “armati” appunto di libri, hanno accolto.

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Durante la serata – alle sette la piazza era già piena – da un camioncino attrezzato a guisa di palco è intervenuto Paolo Ranzani, primo amministratore del movimento delle sardine a Torino. A quello di Ranzani sono succeduti diversi interventi, intervallati da canti intonati dalla piazza, come “Bella Ciao” e l’inno di Mameli. In prima fila, sotto il palco, c’erano le sardine rosse dell’Anpi (Associazione nazionale partigiani d’Italia), ma la folla nel complesso era variegata.

Tra i manifestanti (di ogni età) non c’erano solo residenti e studenti torinesi, ma anche persone accorse dalla provincia di Cuneo per dare il proprio sostegno al raduno, organizzato in concomitanza con la giornata internazionale per i diritti umani. Abbiamo raccolto la testimonianza di un 28enne che lavora nel campo dell’enologia in un’azienda agricola del Roero, uno tra i molti giovani presenti alla manifestazione. «La piazza era stracolma, difficile muoversi e impossibile avvicinarsi al palco per chi è arrivato dopo le 19. Il clima era estremamente pacifico: c’era chi chiacchierava e chi metteva musica. C’era un’aria di festa genuina. Ci ha colpito la presenza di persone appartenenti a fasce d’età che difficilmente si vedono scendere in piazza. Adulti e anziani, insieme a ragazzi e giovanissimi, tutti legati da un clima sereno di collaborazione».

Per quale motivo hai scelto di partecipare?

«Ho sentito di dover andare. “Perché non andare?”, mi son chiesto. Siamo sempre pronti a criticare, ma raramente ci mettiamo in gioco. Questo mi è sembrato un modo per farlo: sono d’accordo con i principi attorno ai quali è organizzata la manifestazione e ho voluto dare il mio appoggio a un’iniziativa dai sani principi che divulga un messaggio intelligente».

Quale pensi che sarà il risultato di questa forma di protesta?

«Al di là del discorso politico, quest’iniziativa mi è sembrata un modo per contrastare il clima d’odio e di tensione in cui viviamo: a partire dalla spontaneità dell’organizzazione e dalla varietà dei manifestanti presenti. Eravamo – e siamo – tantissimi, questo è vero. Il problema è che bisognerà essere uniti anche in caso di elezioni, solo in questo modo si potrà costituire una vera e propria alternativa».

Federico Tubiello

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