Il coronavirus ha messo in crisi i piccoli caseifici

Il coronavirus ha messo in crisi i piccoli caseifici

ALTA LANGA I ristoranti chiusi e i mercati in gran parte sospesi stanno mettendo alle corde i piccoli caseifici dell’alta Langa, che in questi canali di vendita hanno la maggior parte del loro giro d’affari. A complicare la vita dei casari è anche la tipologia di formaggio. Che si tratti o meno di Murazzano Dop, le tume dell’alta Langa devono essere commercializzate entro poche settimane e, con una situazione che non pare destinata a sbloccarsi nel breve periodo, c’è già chi pensa a diversificare la produzione, orientandosi sui formaggi da stagionare.

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Un allestimento promozionale del Murazzano Dop alla Fiera del tartufo.

Afferma il presidente del Consorzio di tutela del Murazzano Dop Claudio Adami: «È difficile vendere il Murazzano. È un prodotto che va commercializzato subito, dopo 8-10 giorni fino a 20-25. Siamo in grande difficoltà. I ristoranti sono chiusi ed è difficile servire i negozi. La gente oggi compra soprattutto al supermercato». Anche la stagione in cui è arrivato il coronavirus è problematica per gli allevatori, poiché siamo nel periodo in cui inizia la produzione di latte. Continua Adami: «Il latte va trasformato. Faremo forme più grandi per poterle stagionare, ma non sarà Murazzano Dop. Il danno economico è difficile da quantificare». Adami, titolare, con la famiglia, dell’agriturismo Raflazz di Paroldo, segnala anche gli effetti a lungo termine del coronavirus: «Con l’agriturismo chiuso anche la vendita diretta è impossibile e abbiamo avuto 250 disdette dall’estero di gente che prenotava con largo anticipo per venire da noi a vedere come si produce il formaggio».

Preoccupato per la situazione anche Carlo Giordano, di Bossolasco: «Le vendite sono il 20-30 per cento rispetto a quelle consuete del periodo. I mercati, o non ci sono più o la gente, andando a fare la spesa di rado, va nei supermercati. Il latte dev’essere lavorato. Abbiamo tanto prodotto da smaltire e poco spazio per tenerlo. Alle aziende che hanno già qualche problema, questa crisi darà il colpo di grazia». La sospensione dei mercati pesa anche sull’azienda Murazzano Penta, come afferma il titolare Beppe Chiesa: «Il problema è serio. Da 15 anni siamo presenti sui mercati di Alba, Ceva, Dogliani, Carrù e Mondovì. Adesso è tutto fermo. Vendiamo ancora in alcuni negozi, ma poco. Spesso i negozianti si fornivano da noi al mercato, ma adesso non possono farlo e la consegna diretta ha costi elevati».

Anche la giovane Elisa Core (fondatrice, assieme all’amica Sara Armellino, dell’azienda agricola Le Langhette, a Saliceto) sottolinea le difficoltà commerciali: «Abbiamo tanto latte da trasformare perché abbiamo raggiunto l’obiettivo di produzione fissato, ma è difficile vendere i formaggi. Abbiamo avviato una campagna sui social per le consegne a domicilio, ma è difficile organizzare le spedizioni, anche perché facciamo molti prodotti freschi. Cerchiamo di arginare la situazione puntando sui formaggi da stagionare, ma siamo poco attrezzate».

Il presidente nazionale dell’Onaf (Organizzazione nazionale assaggiatori di formaggi) Piercarlo Adami fa un discorso a più ampio raggio: «Tutto il settore ovicaprino è in difficoltà. Il piccolo caseificio ha i propri canali di vendita legati a mercati, negozi o ristoranti e non può, da un giorno all’altro, andare a bussare ai supermercati per chiedere di vendere i suoi prodotti. Mi stanno bene gli appelli a comprare italiano, ma si deve fare attenzione alla demagogia. Il settore ha bisogno di incentivi e di interventi di sostegno».

Corrado Olocco

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