QUARANTENA/5 Descrivi una sensazione, un aneddoto, un’esperienza o un’attività che in qualche modo aiuti a capire come hai vissuto questo periodo, cos’hai provato, come ti sei sentito. Così, abbiamo tentato di radunare le storie di una popolazione che ha attraversato il primo mese e mezzo di quarantena. Ha detto un lettore: «Le mie ansie e le paure di prima sono adesso di molti: camminavo, correvo tra le colline e mi rendevo conto di quanto tutto fosse unito. Prima avevo paura della morte; adesso non più, perché sento che tutti ne hanno timore e che quindi non sono più solo: il mio modo di essere non è considerato strano, ma è condiviso».
E un altro: «Sto bene, ho finalmente il tempo di godermi la casa, la mia compagna e tempo per me. Certo, la mia capacità economica è notevolmente ridotta, ma in fondo il tempo è denaro». Negli altri commenti la paura sembra connotare un invisibile e sottile filo rosso. «Che cosa sento? La mia sensazione di impotenza di fronte a questa situazione, la paura di non vedere più i miei cari, la certezza che fare la mia parte, restando a casa il più possibile, è l’unica arma in mio, nostro possesso», ha spiegato un lettore. Fino alla lacerazione provocata dal lutto: «È stato un periodo di dolore: ho perso mio zio e la mia famiglia ha dovuto vivere una forzata separazione. Non abbiamo potuto unirci nella difficoltà: è stato devastante».
Infine, c’è chi grida una malinconia del quotidiano mai vissuta prima: «Andavo nel mio paese d’origine a trovare genitori e fratelli tutti i santi giorni. Adesso non ci vado da un mese e mezzo: ho appiccicato un foglio sulla porta con scritto il numero di giorni, per averlo sempre in testa». Molti si scagliano contro una classe politica giudicata «incompetente» o dedita alle passerelle piuttosto che al bene comune, e contro una televisione «spazzatura», capace di trasmettere solo ansie e preoccupazioni allarmistiche, ma nessuna conoscenza reale dei fenomeni. Altri spiegano come i litigi dovuti proprio all’eccesso di vicinanza con i familiari provochino stress. Le diverse persone sembrano, cioè, oscillare tra una mancanza di affetti e una sensazione opprimente di eccessiva familiarità. Spiega un’altra lettrice: «Un’amica di mia figlia di circa 20 anni è stata contagiata dal Covid-19, facendo volontariato. Ha passato giorni difficili, con febbre alta e tosse. Pensavo alla mamma la quale, nonostante i rischi di essere a sua volta presa dal virus, si è isolata con lei in una parte dell’abitazione, prendendosene cura senza abbandonarla. Io avrei fatto la stessa cosa, se fosse toccato a mia figlia».
r.a.
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