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Pochi limiti alla caccia: ambientalisti e animalisti contro la legge regionale

Pochi limiti alla caccia: ambientalisti e animalisti contro la legge regionale

IL CASO Non ha tardato ad arrivare la reazione delle associazioni ambientaliste e animaliste piemontesi, riunite nel tavolo Animali & ambiente a seguito delle variazioni all’attività venatoria approvate dal Consiglio regionale il 30 giugno. La maggioranza del presidente Cirio ha votato compatta l’aumento di sette specie cacciabili (allodola, fischione, codone, folaga, canapiglia, marzaiola e pernice bianca), scatenando le proteste degli ambientalisti. La sintesi politica sarebbe stata raggiunta con l’approvazione dell’emendamento proposto dall’opposizione, che escludeva otto specie rispetto alle quindici inizialmente previste. Nonostante questa riduzione, le resistenze dell’opposizione non sono state sufficienti per impedire il sostanziale allargamento dell’attività venatoria in Piemonte. Tra le norme approvate c’è l’abolizione del divieto di caccia nelle ultime due domeniche di settembre e l’abrogazione dei limiti di ingresso per i cacciatori provenienti da altre regioni, favorendo gli spostamenti e riducendo il legame cacciatore-territorio.

Per la caccia di selezione agli ungulati, in particolar modo al cinghiale, la Giunta regionale, sentito l’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), potrà regolamentarla e sarà consentita fino a un’ora dopo il tramonto. Infine, controversa è la sostituzione dell’articolo che consentiva ai proprietari dei fondi di chiedere il divieto di caccia sui propri terreni per motivate ragioni. Ora sarà possibile presentare la domanda per richiedere il divieto di caccia solo entro il trentesimo giorno dalla pubblicazione del Piano faunistico venatorio regionale. «Peccato che il Piano, previsto dal 1992, non sia mai stato approvato e probabilmente non lo sarà mai. Ancora una volta la politica di palazzo ha anteposto gli interessi di una minoranza armata agli interessi collettivi, ignorando le ragioni di tutela della fauna selvatica», sottolinea il tavolo Animali & ambiente in una nota. Aggiunge Piero Belletti (associazione Pro natura): «Perché sparare all’allodola? È un uccello insettivoro, la cui popolazione si è dimezzata in Europa in 20 anni ed era protetto in Piemonte da un paio d’anni. Non stiamo parlando di cinghiali, lepri o caprioli. Le specie aggiunte alla lista sono in difficoltà in tutta Europa e in Italia. Continueremo a fare pressioni perché si torni indietro. Proprio nel momento in cui tutti sostengono che si sia esagerato a influire sull’ambiente, non si riesce a far di meglio che ampliare la caccia?».

L’assessore regionale a caccia e pesca, Marco Protopapa, spiega le ragioni della scelta: «Non abbiamo dato il via alla caccia effettiva di quelle specie: verranno organizzati calendari venatori che di volta in volta stabiliranno cosa cacciare. Probabilmente molte specie in elenco non avranno mai l’autorizzazione a essere cacciate. Per quanto riguarda la possibilità di spostarsi, le ragioni sono semplici: i cacciatori si sono ridotti sensibilmente. Ora un cacciatore potrà iscriversi a più Atc, ma saranno quest’ultimi a definire i numeri e i dettagli dell’attività. In questo modo non c’è maggior pressione venatoria: se un cacciatore è a Cuneo, non sarà ad Alessandria. Si tratta di un modo per ridistribuirli».

Federico Tubiello

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