Caporalato, lavoro nero e grigio: il volto invisibile dell’agricoltura

Parte alle 5 da Alba il furgone che porta i migranti in collina 1

IMMIGRAZIONE I l nostro giornale ha spesso denunciato una realtà invisibile, nascosta dietro alla facciata di serietà del mondo agricolo cuneese e pure dietro il luccichio delle terre patrimonio Unesco, delle cantine visitate dai turisti, della pretesa innocenza collettiva sulle migrazioni.

Per la provincia di Cuneo la manodopera è preziosa: il numero di operai agricoli dipendenti in Piemonte ammonta a 38.317 persone, di cui quasi la metà concentrate nella Granda. Ma moltissimi braccianti, soprattutto stranieri, vi confluiscono, sperando di trovare impiego stagionale nelle aziende nei periodi di lavoro più intensi. Un vero esercito di persone, che in tempo di recessione economica e crisi sanitaria rischiano fenomeni di caporalato e sfruttamento. Nuove forme di schiavitù che coniugano forme eterogenee di lavoro nero, sottoretribuzione, assenza di tutele.

A Saluzzo questa situazione ogni anno emerge con forza e si rende visibile. Tra i due e i trecento braccianti giungono da ogni parte d’Italia: alcuni trovano impiego, altri subiscono chiare forme di sfuttamento, come ci ha spiegato prima dell’estate il sindacalista Flai-Cgil Zeno Foderaro. Ogni anno Gazzetta d’Alba si reca nel Saluzzese per documentare quanto accade sotto i nostri occhi, che cercano di non vedere. Anche ad Alba il lavoro stagionale vitivinicolo rischia di essere investito da fenomeni poco limpidi.

Alcune cooperative, gestite perlopiù da persone che provengono dall’Europa dell’Est, sottopagano i lavoratori: riescono così ad aggirare la legge, ricorrendo al cosiddetto “lavoro grigio”. Pur esistendo un contratto il lavoratore svolge mansioni non previste, percepisce una parte della paga “fuori busta” oppure opera in orari non rendicontati. Il sindacalista Roger Davico spiega: «Una delle situazioni più preoccupanti riguarda la presenza di pseudocooperative che non operano nei confini della legalità, tanto da ricadere nel lavoro nero o nelle tante sfumature di lavoro grigio, per arrivare anche a pratiche di caporalato».

Per le difficili condizioni di vita e lavoro, alcune cooperative stanno oggi sostituendo la manodopera europea (che lascia le nostre aree) con quella africana: braccianti sovente fragili e portatori di storie drammatiche e vulnerabili. Anche il mondo agricolo racchiude le ombre che si agitano sotto al visibile. Si tratta di carne e sangue, persone con famiglie e progetti per il futuro, storie che non si vogliono vedere, perché promemoria del fallimento di tutti.

Fulvio Prandi, fiduciario della Condotta Slow Food di Alba, commenta: «Il problema esisteva già in passato, ma con l’emergenza Covid-19 assistiamo a un incremento del precariato e delle condizioni lavorative sfavorevoli. Non dobbiamo scordare che la manodopera straniera ci è indispensabile. Aiuterebbe la presenza di un ente in grado di regolare il reclutamento, interfacciando domanda e offerta. Altrimenti lasciamo una grande possibilità di azione al caporalato. Sappiamo che molti imprenditori che ospitavano i lavoratori oggi non possono più farlo a causa delle normative Covid-19. La situazione al momento è molto delicata».

Matteo Viberti

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