CASA «Prima i piemontesi». Il provvedimento che l’assessore regionale al welfare (con delega alla Casa) Chiara Caucino aveva promesso fin dall’inizio del suo mandato sarà presto realtà: i cittadini piemontesi avranno una corsia preferenziale nell’assegnazione delle case popolari. Una circostanza, inserita nel regolamento della nuova legge regionale, che verrà presto approvata, consentirà ai cittadini piemontesi di poter usufruire di un punteggio più elevato in graduatoria, mettendo così fine a una serie di situazioni non equilibrate che si sono verificate in passato. Non un provvedimento discriminatorio ma un’iniziativa che rende giustizia a migliaia di famiglie che, in questi anni, si sono viste “scavalcare” subendo – loro sì – gravi ingiustizie e soprattutto disagi.
La nuova norma, in particolare, va a modificare l’articolo 8 della legge 3 del 2010, concedendo punteggi aggiuntivi a residenti da 15, 20 o 25 anni. Non solo: sarà previsto un meccanismo di premialità anche per le famiglie con un solo genitore che vive con figli minori. Con questo la Regione non va in alcun modo a discriminare gli stranieri, che – se in regola e residenti in Piemonte da diversi anni – potranno usufruire dei medesimi vantaggi.
«L’esigenza di una nuova legge – spiega Caucino – deriva dal sostanziale superamento della normativa regionale introdotta nel 2010, ormai superata anche da successive disposizioni statali in materia. È quindi indispensabile attuare una rimodulazione delle disposizioni riguardo all’alienazione degli alloggi di edilizia sociale, alla luce anche della situazione economica delle Agenzie territoriali per la casa e di una società che a causa di due crisi economico finanziarie e dell’attuale pandemia si caratterizza per l’emergere preoccupante di nuove povertà che, come assessore al welfare, ho il dovere di combattere. Nella nuova legge abbiamo ritenuto giusto privilegiare i residenti in Piemonte da lunga data che hanno certamente contribuito a sostenere la comunità alla quale appartengono. Allo stesso tempo abbiamo voluto venire incontro a madri e padri che vivono soli con figli minori a carico».
D’altronde l’attuale normativa presenta alcuni aspetti di difficile applicazione, in particolare riguardo i requisiti di accesso, che hanno già generato spiacevoli contenziosi. Era quindi necessario intervenire con una revisione organica dei requisiti di accesso relativi alla cittadinanza, residenza e possesso di proprietà immobiliari.
Dopo dieci anni di applicazione dell’attuale regolamentazione, anche alla luce dei cambiamenti sociali intercorsi, bisognava mettere immediatamente mano alla revisione dei punteggi che generano le graduatorie per l’assegnazione degli alloggi, in ordine alle condizioni economiche, sociali e abitative dei richiedenti.
A oggi, infatti, è previsto l’utilizzo di parametri diversificati per l’accesso all’edilizia sociale (il modello Isee) e per il calcolo del canone di locazione degli alloggi (il criterio del reddito). Ai fini di una più semplice ed equa applicazione del canone, è stato invece ritenuto opportuno unificare, o quanto meno rimodulare, tali parametri, anche per allinearli con quelli già utilizzati per altre misure di intervento sociale.
Pur prevedendo formalmente una durata contrattuale di cinque anni, l’assegnazione di un alloggio di edilizia sociale è di fatto illimitata nel tempo e, addirittura, trasmissibile ereditariamente. Occorre ragionare, invece, su un utilizzo degli alloggi che sia limitato alle condizioni di disagio dei nuclei assegnatari, garantendo una rotazione che consenta l’ingresso anche alle nuove situazioni di emergenza.