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Commercianti critici sul decreto sostegni: «Misure insufficienti, serve un piano di ripartenza nazionale»

ALBA Nel 2020 la pandemia ha “bruciato” 160 miliardi di prodotto interno lordo e ridotto i consumi di 130 miliardi, vale a dire quasi il 12% rispetto al 2019. Si tratta dell’anno peggiore dal 1944, con crolli verticali di fatturato e la chiusura definitiva di tantissime imprese. Il 2021 è iniziato con mesi deboli, di estrema cautela da parte dei consumatori, di blocco sostanziale del turismo, fattori che inevitabilmente inchiodano quei settori a uno stallo protratto e doloroso.

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Tutto questo, mentre il decreto legge sostegni, appena varato dal Governo Draghi, si presenta ben al di sotto delle aspettative: «Indennizzi insufficienti e non immediati», valuta il presidente dell’Associazione commercianti albesi, Giuliano Viglione. «La dotazione finanziaria di circa 12 miliardi è inadeguata e non può neanche in minima parte compensare le enormi perdite registrate dalle imprese. Ci aspettavamo qualcosa in più».

Solo nel settore della ristorazione sono 38 i miliardi persi nel 2020 con la chiusura di 23mila attività, la filiera del turismo è in rosso di 100 miliardi e la sola ricettività rileva un calo di 13 miliardi di fatturato. Il settore del commercio al dettaglio denuncia 20 miliardi in meno di consumi e la chiusura di 20mila negozi, così come pure l’ambulantato vede 30mila imprese a rischio e cali di fatturato di 10 miliardi; tutto il comparto degli spettacoli (cinema, teatri, concerti) perde incassi per 1 miliardo, mentre il settore del gioco pubblico perde 4 miliardi di ricavi e lo Stato ci rimette 5 miliardi di gettito, su uno sfondo di 70mila imprese a rischio chiusura.

Ora, mentre aziende e partite Iva riceveranno cifre esigue e non subito, occorre che il Governo metta immediatamente mano a ulteriori iniziative sia di carattere finanziario, sia strutturale per il rilancio del Paese, un piano di ripartenza nazionale: «Bisogna incrementare le dotazioni a sostegno delle imprese – afferma Viglione – per fare in modo che quando sia possibile la ripartenza, i settori più colpiti si trovino riallineati. Mi riferisco a quelli nei quali sono concentrate le maggiori perdite, vale a dire commercio non alimentare (in particolare abbigliamento e calzature), trasporti, intrattenimento, alberghi, bar, ristoranti, viaggi e cultura. Inoltre, lo Stato deve realizzare riforme ormai improcrastinabili, che l’emergenza sanitaria ha reso ancora più necessarie, come la riforma fiscale per ridurre le tasse su imprese e famiglie e da una maggiore semplificazione di norme e adempimenti, ma servono anche investimenti e più Europa, spendendo bene e completamente tutte le risorse del programma Next generation».

Il presidente Aca Giuliano Viglione nominato nella Giunta nazionale di Confcommercio
Giuliano Viglione è il presidente dell’Aca

Tra le richieste formulate in questi giorni da Confcommercio imprese per l’Italia all’indirizzo del Governo e totalmente condivisibili, figurano: ridurre il peso fiscale e introdurre un’efficace web tax che ripristini la parità nelle regole di mercato tra negozi tradizionali e il commercio online dei grandi colossi; estendere la  moratoria dei debiti bancari; semplificare e investire sulle competenze digitali; valorizzare  tutte le espressioni economiche del turismo e della cultura; incentivare le imprese e dare loro tempi certi per adeguarsi alla “transizione ecologica”; creare le infrastrutture per la mobilità sostenibile; programmare la rigenerazione urbana; creare un ambiente attrattivo per le imprese del terziario di mercato; mettere in campo misure che sostengano maggiormente l’imprenditoria giovanile, femminile e il lavoro autonomo professionale, a partire dalla formazione.

Insomma, conclude Viglione: «Non si può pensare di risolvere la questione sanitaria senza, parallelamente, concentrare idee, interventi e risorse sulla ripresa.

Non si può continuare a chiedere alle attività di restare chiuse, bisogna trovare il modo di consentire loro l’operatività, pur sempre nel rispetto rigoroso di tutte le necessarie misure di sicurezza. Tenere insieme salute ed economia non è più un auspicio ma un imperativo imprescindibile se si vuole ricominciare ad intravvedere un futuro per milioni di imprenditori e collaboratori operanti in comparti cruciali per l’economia nazionale. Considerando anche che, nello specifico caso del commercio, questa crisi rischia di riverberarsi anche sul tessuto urbanistico e sociale, amplificando gli effetti nefasti della pandemia».

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