Falso compost smaltito nei campi: i dettagli dell’attività di indagine

Falso compost smaltito nei campi: i dettagli dell’attività di indagine 1

MAGLIANO ALFIERI A conclusione di una lunga attività di indagine condotta dal Nucleo investigativo del Gruppo carabinieri forestali di Cuneo e coordinata dalla Dda di Torino, i carabinieri forestali hanno condotto una complessa operazione scaturita dalle attività illecite svolte dalla Olmo Bruno Srl di Magliano Alfieri.

Sono state effettuate perquisizioni su 18 obiettivi tra sedi aziendali, laboratori chimici e dimore private, nonché posti sotto sequestro penale l’intera area aziendale (2 ettari circa e due capannoni) e circa 40 ettari di terreni agricoli o incolti, ubicati nelle province di Asti, Cuneo e Torino (già inseriti in richieste di contributi pubblici per l’agricoltura) su cui è stato osservato lo spandimento illecito di falso compost. Eseguite infine per gli 11 indagati, residenti nell’albese e dintorni, le misure cautelari degli arresti domiciliari e dell’obbligo di firma, disposte dal Gip.

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L’attività del Nucleo investigativo aveva preso avvio da segnalazioni di cittadini e articoli di giornale che nel 2019 lamentavano odori molesti nelle vicinanze della ditta suddetta o dei terreni oggetto di spandimento. Peraltro si apprendeva nel corso delle indagini che almeno in parte i locali moti di protesta erano pilotati da alcuni degli stessi indagati per escludere possibili concorrenti dal loro business.

La Olmo Bruno tratta fanghi di impianti di depurazione di acque reflue al fine di produrre compost per uso agricolo. La società, a capitale misto pubblico-privato, fa parte del gruppo Egea, multiutility di Alba, attivo nel settore ambientale ed energetico.

Egea spiega, in una nota: «Siamo stati informati che le autorità competenti stanno compiendo delle verifiche tra diversi soggetti del territorio, tra cui le attività di una delle nostre società operative del gruppo che si occupa di compostaggio rifiuti (fanghi di depurazione). Confidiamo nell’operato delle autorità nel fare chiarezza e attendiamo di conoscere i contenuti nel dettaglio, in modo da poter fornire tutto il contributo necessario».

 

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L’azienda in questione possiede un impianto di compostaggio autorizzato a produrre fino a 42mila tonnellate annue di compost a partire da fanghi di reflui urbani e industriali, da miscelarsi con materiale verde triturato. Per quanto autorizzato i fanghi dovevano essere sottoposti a cicli di lavorazione non inferiori a 90 giorni per abbatterne la carica microbica, gli odori molesti e il potenziale inquinante e, infine, miscelati con materiale vegetale fine.

I Carabinieri forestali, tramite intercettazioni telefoniche, ambientali e appostamenti mirati, hanno invece appurato che i rifiuti e i fanghi, dopo l’ingresso nell’impianto di trattamento venivano distribuiti in campo tal quali, (talora dopo qualche ora) senza alcun trattamento e miscelazione col verde, abbattendo i costi gestionali e incrementando i quantitativi gestiti. Secondo il disegno criminoso, i soggetti che provvedevano a prelevare e distribuire in campo il dichiarato “compost” della Olmo Bruno, invece di pagarlo, in quanto ammendante agricolo, ricevevano un compenso dai 7 a 10 euro a tonnellata.

Da una prima stima l’illecito profitto, calcolato sulla base dei rifiuti dichiarati in ingresso all’impianto, ammonta a circa un milione e mezzo di euro all’anno.

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Campioni fatti analizzare da Arpa Piemonte hanno evidenziato valori di mercurio e idrocarburi incompatibili con l’uso agricolo, ma anche contaminazioni da salmonella, valori oltre soglia di azoto inorganico, nonché macroscopiche impurità e abnormi quantità di plastica.

L’attività investigativa ha documentato che i “rifiuti” provenienti dall’impianto di Magliano Alfieri venivano incorporati il prima possibile con le lavorazioni dei campi o semplicemente “nascosti” con un sottile strato di terreno vegetale. La principale preoccupazione era quella di piazzare i fanghi non trattati o non adeguatamente trattati, ovvero smaltire quelli che, per gli inquirenti, sono risultati veri e propri rifiuti.

Tuttora al vaglio degli inquirenti l’attività di alcuni laboratori che fornivano all’azienda le analisi di routine, necessarie a rendere regolare il regime aziendale di autocontrollo, falsificando, secondo l’ipotesi investigativa, gli esami analitici non solo dei prodotti della Olmo ma anche dei fanghi in entrata e provenienti da depuratori di altre al fine di farli rientrare nei limiti di legge.

Il principale reato al momento contestato è quello di traffico illecito e organizzato di ingenti quantitativi di rifiuti (articolo 452 quaterdecies del Codice penale). Per gli 11 indagati il giudice per le indagini preliminari ha stabilito le misure cautelari degli arresti domiciliari e dell’obbligo di firma. Per uno degli indagati, con precedenti in ambito di criminalità organizzata, e che scontava una pena ai domiciliari, è stato contestato il reato di evasione in quanto dedito alle attività illecite negli orari in cui era costretto presso il proprio domicilio.

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