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I contemporanei e la Commedia per i 700 anni di Dante Alighieri

Il dottorando Mattia Cravero ha comparato l’opera dell’Alighieri con quella di Cesare Pavese, Primo Levi e altri scrittori e poeti, italiani e stranieri: «Chi scrive prima o poi ci scende a patti»

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LETTERATURA Mattia Cravero, classe 1993 ha sempre vissuto in Langa, tra Alba e Bra. Dopo gli studi presso il liceo Giolitti-Gandino di Bra, si è laureato in culture moderne comparate all’Università di Torino. Oggi è all’ultimo anno del dottorato in lettere, curriculum di comparatistica. Ha pubblicato un interessante studio di comparazione tra le opere di Dante e Pavese su Langhe.net.

Come ti è venuta l’idea di mettere a confronto Dante con Pavese, Mattia?

I contemporanei e la Commedia per i 700 anni di Dante Alighieri 2«È fondamentale il fatto che Dante sia uno dei padri della nostra letteratura: ogni scrittore e scrittrice, in un modo o nell’altro, prima o poi scende a patti con la sua opera. Al di là della retorica, però, il motivo è molto più prosastico: mi sono imbattuto nella definizione di Pavese, mentre leggevo le sue lettere in biblioteca a Bra, “una modesta Divina commedia”: da lì è nato tutto. Era vibrante, me la ricordo bene; come dimenticare quelle parole? “Io sono come pazzo perché ho avuto una mirabile visione (naturalmente di stalle, sudore contadinotti, verderame e letame ecc.) su cui dovrei costruire una modesta Divina commedia. Ci penso sopra, e tutti i giorni diminuisce la tensione che alle visioni siano necessarie le Beatrici? Bah, si vedrà” (dalla lettera ad Adolfo ed Eugenia Ruata del 17 luglio 1949)».

Quanto l’appartenere al territorio pavesiano ha inciso sulla scelta?

«Senza dubbio, ha inciso l’aver passato la mia infanzia tra Bra, Alba e Dogliani, con i filari a perdita d’occhio che andavano su e giù per le colline, i ruscelli nascosti e le boscaglie con i rovi e le acacie. Qualunque langarolo che legga Pavese, in particolare Feria d’agosto e La luna e i falò, non può che sentirsi ritrasportare in quella piccola oasi naturale. Tutta la mia famiglia, da che se ne ha memoria, è piemontese: anche il fatto di conoscere il dialetto ha stimolato il mio interesse per Pavese, che era tanto bravo a trasportarlo in italiano seppur fosse, come diceva, “buono per le lapidi”, dura pietra».

Qual è l’esperienza dantesca contenuta nella Commedia che più di tutte si può trovare nell’opera di Pavese?

«La dimensione del viaggio ascensionale, ma di questo ho già parlato su Langhe.net. Per cambiare un po’, abbozzo ora un’altra risposta restando nel mio campo di studi: Dante era riuscito a rimescolare la tradizione, a esempio riprendendo i classici latini come Virgilio, Ovidio, Stazio eccetera, dando loro un nuovo significato. Per il suo tempo e ancora per noi oggi è stato come un bacino di raccolta, di ricezione del classico. Ugualmente, la letteratura di Pavese, che vive certo di grandi esperimenti personali, si fonda anche e soprattutto sul rapporto essenziale e necessario con gli altri e i libri altrui, sul confronto con la tradizione e con il canone passato e presente. Oggi in particolare, dovremmo tenere bene a mente questa pluralità: la produzione culturale mondiale aumenta sempre più, ogni giorno. Starle dietro è difficile, ma mai pensare di esserci soltanto noi: il confronto è una pratica vitale».I contemporanei e la Commedia per i 700 anni di Dante Alighieri 3

Quali altri scrittori, oltre a Pavese, si potrebbero comparare a Dante?

«Direi Primo Levi, perché studio la sua opera nel mio progetto di dottorato e so dirlo per certo, ma anche poeti come Sereni, Montale, Zanzotto, Sanguineti, Valduga. Fruttuosa la comparazione con Thomas Stearns Eliot e James Joyce in ambito anglosassone, Weiss e Enzensberger in Germania, Borges in America latina. E chissà quanti altri. Ma sono ancora nei venti, io, e ho mai abbastanza tempo per leggere. L’esperienza di Dante ha un valore universale, è un classico in cui ognuno può ritrovarsi, vivere la propria commedia, amare raffinatamente, ragionare sulla lingua. Dante è il padre della letteratura italiana, esponente di spicco della weltliteratur di Goethe: è un classico per ogni luogo e per ogni tempo».

Che cosa la poetica di Dante può insegnarci?

«Il recupero della poesia, sia dal punto di vista musicale che del contenuto. Sta diventando un sapere perduto, o inflazionato, ed è triste pensare che proprio nella Commedia sia contenuta gran parte del nostro italiano d’oggi. Ma non solo: Dante ci insegna ad amare finemente, a disquisire delle più svariate questioni, a meravigliarci, a conoscere la nostra grandezza di uomini non solo sulla Terra, ma anche nel mondo delle stelle. Per di più, come diceva Levi, incarna l’ideale del poeta-scienziato, basti pensare che leggeva Aristotele, non percepisce una frattura tra scienza e letteratura: potremmo imparare da lui, forse, a non affrontare la vita a compartimenti stagni, a esempio. E poi, ovvio, di nuovo il discorso del confronto e del bacino di ricezione: viviamo in un mondo dall’espressione artistica talmente variegata che abbiamo solo l’imbarazzo della scelta; l’unica cosa che non deve mancarci, e che Dante ci insegna, è la curiositas».

Quali sfide la scuola deve superare per rendere l’opera di Dante appetibile alla generazione dei millennial? Quali consigli daresti agli insegnanti?

«È una sfida difficile, ma non impossibile. Io credo che si debba, come fece il mio insegnante di letteratura al liceo, sfruttare le evoluzioni della tecnologia: far rivivere la Commedia non più sulle pagine dei libri, ma sulle Lim, sugli schermi, per trasformare i black mirror in strumenti di conoscenza. L’intermedialità e gli ipertesti offrono, da questo punto di vista, risorse incredibili: in un solo documento e in un piccolo spazio di memoria di qualsiasi dispositivo è possibile inoculare molte informazioni utilissime non soltanto per migliorare la qualità dello studio, ma anche per renderlo interattivo, più divertente. Senza contare che, con la fortuna odierna dell’opera dantesca, gli abbinamenti da fare sarebbero infiniti: c’è Dante su YouTube e su tanti altri siti, ci sono le edizioni critiche digitali. Il potenziale è tutto nostro, per tutti a portata di un click».

Cosa diresti ai ragazzi che iniziano a studiare la Commedia?

«Appassionatevi. In Dante c’è molto, quasi tutto: trovate un suo lato che possa interessarvi, appassionarvi, e date materia da ardere all’intelletto. La sua lingua è strana, difficile, Dante ha fatto mille viaggi: ma il bello è che noi, oggi, possiamo riprendere e ampliare spaventosamente ogni percorso da lui tracciato. A cominciare dalla lingua, che sono i più giovani a far evolvere in continuo. “Fatti non foste per viver come bruti, ma per seguir virtute e conoscenza”: maturare con Dante fa bene».

Walter Colombo

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