Il bambù germoglia dal lombrico rosso: nasce il modello circolare a Km zero

Biagini (Università di Torino): «Modello potenzialmente replicabile nei noccioleti e nei vigneti delle Langhe»

Il bambù germoglia dal lombrico rosso: nasce il modello circolare a Km zero

AGRICOLTURA Dal lombrico al bambuseto, fino ai prodotti di bambù come creme, germogli, scarpe e foulard. La holding torinese Alma Italia spa, leader nel settore della green economy, realizza a Fossano il perfetto modello di economia circolare a km zero. Lo studio Disafa (Dipartimento di scienze agrarie, forestali e alimentari) dell’Università di Torino conferma l’utilità del vermicompost prodotto dal lombrico per evitare l’uso di sostanze chimiche nei campi e innescare un modello di economia circolare.

Nel raggio di un chilometro, si può osservare un lombrico rosso della California trasformare ogni tipo di rifiuto organico in vermicompost: concime biologico e sostanza organica la cui azione contribuisce a ridurre l’uso di agenti chimici sui campi. Al suo fianco cresce un bambuseto che, fra cinque anni, svetterà nei cieli di Fossano per assorbire anidride carbonica dall’atmosfera con valori circa sei volte superiori a un bosco naturale a parità di area, eliminando inquinanti dal terreno e sfruttando la capacità fitorimediatrice della pianta, che consente di bonificare e rimineralizzare i campi recuperando terreni impoveriti e con presenza di metalli pesanti.

Il lombrico rosso diventa il collegamento ideale fra coltivazione del bambù in biologico, rigenerazione dei terreni e chiusura circolare dell’intera filiera. L’attività di lombricoltura è coordinata dalla controllata Conitalo S.r.l., società che gestisce il più grande impianto d’Europa per circa 26 mila metri quadri effettivi di lombrichi rossi, con una produzione media annua di 60.000 quintali di puro vermicompost. Le aree di produzione della controllata di Alma Italia spa, Conitalo srl, sono a Fossano e a Turi (Bari).

Modello replicabile nelle Langhe

Il modello potenzialmente replicabile non solo al bambù, ma anche ad altri tipi di colture, a partire dai tanti noccioleti e vigneti delle Langhe e in tutte le situazioni in cui il terreno agricolo risulta impoverito di sostanza organica.

Davide Biagini, professore al Disafa dell’Università di Torino, afferma: «Il Disafa ha condotto una prova sperimentale, commissionata da Alma Italia, per caratterizzare il vermicompost prodotto da diverse tipologie di reflui zootecnici che – come tali – possono manifestare difficoltà di gestione (stoccaggio, trattamento, movimentazione, utilizzo agronomico, smaltimento, ecc.), valutandone le ricadute di carattere ambientale. La ricerca ha evidenziato come il compostaggio dei reflui zootecnici consenta di ottenere un prodotto di elevato valore agronomico, igienizzato, non inquinante e di facile manipolazione e gestione per il minor volume, la minor umidità, il minor peso, l’assenza di odori, il buon contenuto in sostanza organica ed il buon tenore fertilizzante rispetto alle materie di partenza. Queste caratteristiche ne favorirebbero la delocalizzazione o la richiesta extra-aziendale, alleggerendo le aree a maggiore vocazione zootecnica dall’eccesso di nutrienti che i suoli non sono in grado di accogliere e trattenere. I materiali utilizzati non richiedono trattamenti particolari se non un opportuno periodo di maturazione. Il loro compostaggio consentirebbe, quindi, di valorizzare cicli biologici naturali rendendo possibile lo sviluppo di sistemi produttivi integrati e di economia circolare, come il riciclo in bambuseto, ma anche nei noccioleti e nei vigneti delle Langhe e in tutte quelle situazioni in cui il terreno agricolo può risultare impoverito di sostanza organica».

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Antonio Villani, presidente di Alma Italia spa.

Antonio Villani, Presidente Alma Italia, racconta: «L’idea del modello circolare nel raggio di un chilometro è nata dall’acquisizione della storica azienda Lombricoltura Compagnoni«, pioniera del mercato spagnolo, francese ed israeliano, oltre che di quello italiano. Il suo accorpamento in Conitalo ci permette di disporre delle conoscenze acquisite in quattro decadi di storia della lombricoltura italiana».

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