Dogliani, la biblioteca tipo di Giulio Einaudi nel saggio di Chiara Faggiolani

Il libro ripercorre l’ideazione e il progetto, fin dal 1961, di luoghi di cultura accessibili a tutti, non più solo cattedrali del libro

Dogliani, la biblioteca tipo di Giulio Einaudi

PUBBLICAZIONE Come un ministro per la cultura. Giulio Einaudi e le biblioteche nel sistema del libro (Firenze university press) è il frutto delle ricerche di Chiara Faggiolani, docente alla Sapienza di Roma. Professore associato di biblioteconomia, dirige, nella stessa istituzione, il laboratorio di biblioteconomia sociale e ricerca applicata alle biblioteche (Biblab). Fa parte della Commissione nazionale per le biblioteche pubbliche dell’Associazione italiana biblioteche (Aib).

Il suo libro analizza il ruolo che ebbe l’editore Giulio Einaudi, figlio del primo presidente della Repubblica, nell’ideazione, negli anni Sessanta, delle biblioteche come luoghi di cultura accessibili a tutti. Per creare il suo prototipo di biblioteca l’editore scelse proprio Dogliani, ritenendo fosse il modo migliore per rendere omaggio alla memoria del padre, morto nel 1961.

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Giulio Einaudi e, alle sue spalle, Italo Calvino durante l’inaugurazione della biblioteca di Dogliani(Archivio Biblioteca Luigi Einaudi)

In occasione della giornata Giulio, l’uomo e l’editore, proposta dal Comune di Dogliani nel 2019 per i vent’anni dalla morte di Einaudi, Faggiolani aveva presentato al pubblico lo stato della ricerca poi conclusa: «Conoscevo la biblioteca di Dogliani perché tra gli addetti ai lavori è molto importante e famosa. La mia ricerca è iniziata nel 2017, quando mi sono imbattuta casualmente in una foto dell’inaugurazione, avvenuta il 29 settembre 1963, dove si vedono Giulio Einaudi e Italo Calvino. Ho voluto studiare la biblioteca doglianese da un punto di vista diverso. Non sono una storica delle biblioteche, ma studio il ruolo delle biblioteche nella società».

«Ancora oggi, ci sarebbe bisogno di persone come Giulio Einaudi» dice la ricercatrice.

Per documentare la sua lunga ricerca – che proseguirà abbordando altri temi, in particolare il modello di biblioteca proposto da Adriano Olivetti – Faggiolani, romana, ha trascorso le sue vacanze degli ultimi anni tra le Langhe e Torino. «Bisognerebbe partire dal passato per sopperire a una lacuna del presente. Di persone come Giulio Einaudi ci sarebbe bisogno ancora oggi. È incredibile il fatto che l’editore decida di creare una biblioteca, tassello di un progetto culturale più ampio, una vera e propria entità di lettura sociale».
Ancora oggi, entrando nella biblioteca Luigi Einaudi si notano gli scaffali a rotelle, pronti a far spazio, all’occorrenza, a un auditorium. L’edificio fu progettato gratuitamente dall’architetto Bruno Zevi e rispecchia un’idea di biblioteca realmente fruibile per il pubblico. I principali editori contribuirono, con donazioni di libri, alla costituzione del patrimonio librario. Il musicologo Paolo Terni ne curò l’organizzazione.

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Chiara Faggiolani, docente di biblioteconomia all’Università La Sapienza di Roma e autrice del saggio.

Continua Faggiolani: «Negli anni Sessanta presentare i libri in anteprima nazionale a Dogliani era la prassi. Fino ad allora, le biblioteche erano viste come un qualcosa di intoccabile, vere e proprie cattedrali del libro. Einaudi stravolse questa concezione e le rese luoghi di prossimità per passeggiare in mezzo ai libri. Il ruolo del bibliotecario, non più un semplice addetto ai lavori ma un animatore culturale, divenne fondamentale, così come le aperture serali e nei festivi per permettere di usufruire di questi spazi». Il primo bibliotecario di Dogliani fu Ferdinando Troni. Nel ’65 gli succedette Ugo Roello (1939-2011), che curò la biblioteca fino al ’95, e fu autore di diversi libri, l’ultimo dei quali, con Elena Sardo, Luigi Einaudi. Cinquant’anni dopo (Allemandi). La direttrice attuale è Monica Porasso.

Impossibile capire l’opera di Einaudi senza conoscere la storia della casa editrice

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La copertina del libro, pubblicato da Firenze university press.

Chiara Faggiolani ritiene impossibile capire l’opera di Einaudi senza conoscere la storia della sua casa editrice, fondata nel 1933 quando aveva soltanto 21 anni. «Per Giulio, stimolato da Augusto Monti, il dibattito era fondamentale. Nelle famose riunioni del mercoledì, giorno in cui si incontravano le menti più brillanti della casa editrice, Einaudi era solito preoccuparsi soltanto quando tutti si trovavano d’accordo. Il gruppo si diede una missione civilizzatrice, non assecondando i gusti del pubblico ma anticipandoli. Il modello fu esportato nella biblioteca di Dogliani, all’epoca piccolo Comune di una cosiddetta area culturalmente depressa».

Il prototipo di biblioteca ideato da Einaudi non fu esente da critiche. «Principalmente», spiega Faggiolani, «molti pensavano che il progetto fosse stato calato dall’alto e risultasse isolato. C’è da dire, però, che lo stesso Giulio rimproverava i bibliotecari di essere isolati, di perdere di vista il pubblico a favore di tecnicismi. Ci fu, quindi, un problema di comprensione, che ha determinato il “fallimento” del modello. La mia ricerca non ha voluto esplorare i successi e i fallimenti, bensì illustrare la sua idea».
Una biblioteca identica a quella doglianese fu inaugurata nel 1968 a Beinasco, ma restarono le uniche due. L’eredità culturale ha comunque contagiato molte istituzioni bibliotecarie, anche se non ispirate direttamente al modello doglianese. «Nel 1969, poi, Giulio stampa la Guida alla formazione di una biblioteca, la cui seconda edizione è del 1981. Si tratta di un’enorme eredità culturale, è un manuale indispensabile per il settore».
In conclusione, l’idea di Faggiolani è che «Dogliani ha confermato di essere, negli anni, un punto di riferimento culturale grazie anche alla biblioteca. Giulio Einaudi è stato un ministro per la cultura, sopperendo alla mancanza vera e propria del Ministero, creato soltanto nel 1974».

Davide Barile

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