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Cavallo: rischiamo la carenza d’acqua, ma si può svoltare

Cavallo: rischiamo  la carenza d’acqua,  ma si può svoltare

L’INTERVISTA Parliamo con Roberto Cavallo, amministratore delegato della cooperativa Erica, dal 1996 impegnata nel campo della comunicazione e della ricerca ambientale. Albese, Cavallo è stato assessore all’ambiente ed è un esperto in tema di rifiuti; ha pubblicato La Bibbia dell’ecologia.

L’innalzamento delle temperature nel 2019 ha superato in Italia di 1,56°C la media del periodo tra il 1960 e il 1990, mentre l’aumento su scala mondiale è stato di 1,28 gradi centigradi. Che cosa si può dire, Cavallo?

Roberto Cavallo
Roberto Cavallo

«C’è di più: in Piemonte la temperatura massima negli ultimi 60 anni, stando ai dati dell’Arpa, è aumentata di 2,3 gradi centigradi, vale a dire circa uno in più rispetto alla media globale. Le anomalie termiche, infatti, sono più frequenti ad altitudini elevate e il territorio piemontese per il 43% è montano. C’è da preoccuparsi? Dipende dal nostro grado di coscienza, dalla consapevolezza e dalla sensibilità. Siamo drogati di crescita a tutti i costi, cerchiamo scorciatoie per non pagare l’inquinamento che produciamo, per esempio esportando rifiuti, senza chiederci dove vadano, o continuando a bruciare combustibili fossili, perché pensiamo che la strada sia nostra e possiamo andare alla velocità che vogliamo, nella direzione che desideriamo. Per preoccuparsi è tardi. Ora invece dobbiamo agire».

Quali sono le ripercussioni per i prossimi anni, in un territorio come il nostro?

«Nelle Langhe e nel Roero e, in generale, nel Sud Piemonte registriamo alcuni fenomeni: carenza d’acqua per alcuni mesi all’anno, come già avvenuto un paio di volte nell’ultimo decennio, e dunque difficoltà per le irrigazioni, con ordinanze di contingentamento; assisteremo, inoltre, a ondate di calore con temperature oltre i 40 gradi, soprattutto ad Alba e nei fondovalle: dovremo quindi ripensare le città con corridoi d’ombra; avremo una grande quantità di pioggia in poche ore, con la necessità di gestirne i flussi superficiali, trattenendola in bacini e cisterne per riutilizzarla. Avremo anche nuove specie d’insetti che, verosimilmente, saranno vettori di malattie per piante, animali e anche persone. D’altro canto, potremo coltivare specie vegetali, frutta e fiori che oggi non siamo in grado di far crescere, oltre ad avere doppi raccolti durante l’anno».

Quali segnali sono già sotto i nostri occhi?

«Le piene dei fiumi sono più frequenti e i fenomeni meteorologici diventano più violenti. Le piante fioriscono precocemente, ma sono più esposte alle gelate. Ci sono numerose specie tropicali e subtropicali, soprattutto animali, che si sono adattate benissimo alla nostra zona: pensiamo alla cosiddetta “zanzara tigre” (Aedes albopictus), arrivata in Europa attraverso il porto di Genova, o alla cimice dei noccioli o, ancora, alla farfallina dei gerani. Vorrei però non dimenticare anche la buona notizia: come siamo stati capaci di arrivare a questo punto, possiamo darci da fare per innestare la retromarcia e imboccare la strada giusta. Basta davvero volerlo!».

m.g.

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