Cheese unisce festa e dibattito nelle vie di Bra

Cheese Bra 2017
Foto di repertorio: Cheese Bra 2017

BRA Barbara Nappini, presidente Slow Food Italia, quali messaggi può veicolare una manifestazione di respiro internazionale come Cheese?

Cheese unisce festa e dibattito nelle vie di Bra
Barbara Nappini

«La rassegna ha mantenuto inalterata una qualità importante, fin dalle origini: unire momenti di confronto politico alla convivialità della festa. Quest’anno il tema del benessere animale sarà il fulcro del confronto: senza gli animali non esisterebbe il formaggio, ma dobbiamo ripensare il concetto da una prospettiva non antropocentrica. Pensiamo alla stabulazione (l’allevamento nelle stalle moderne): la pratica è funzionale per gli allevatori, meno per gli animali. Cheese sarà la cassa di risonanza del dibattito fra fautori degli allevamenti intensivi che distruggono la biodiversità e i pascoli e altri sistemi di tutela di flora e fauna, anche selvatica».

Quali sono gli obiettivi del suo mandato?

«Una precisazione: posso dire fin d’ora che con i miei compagni di squadra punto a un secondo mandato. In questi quattro anni lavoreremo per porre le basi di iniziative da realizzare compiutamente nel secondo quadriennio. La ristorazione collettiva è l’ambito dal quale vogliamo partire: le mense possono essere un potente veicolo per l’idea del cibo sano alla portata di tutti; per attuarla dobbiamo porre fine alla banalizzazione di questi ambienti».

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Quale ritiene possa essere il ruolo della donna in agricoltura oggi?

«Bisogna sgombrare il campo da queste narrazioni artificiose: le donne hanno sempre svolto lavori di fatica al pari degli uomini, il problema semmai è che questi aspetti non sono stati rappresentati nella corretta misura. Ritengo che si debba evitare di creare nuovi ruoli da calare su di noi per garantirci eguali possibilità di accesso a lavori e posizioni di responsabilità».

Che situazione vive, a suo avviso, l’agricoltura nella Penisola?

«Il settore primario attraversa un momento di profonda sofferenza acuita, fra l’altro, da una conflittualità esasperata tra circuiti che dovrebbero interagire. Mi riferisco agli hobbisti, che affiancano alla conduzione delle loro terre altra fonte di reddito, e chi vive dei profitti agricoli. I primi possono contentarsi di vendere a prezzi bassi la materia prima, chi vive delle rendite dei campi è costretto a subire le stesse quotazioni. A fare da cornice allo scontro sono paesaggi scenografici buoni per i turisti, ma talora poco funzionali e sostenibili per le comunità che li vivono. Sono quei contesti che ricacciano lontano dagli occhi dei consumatori le terre dell’agricoltura industriale, gli stessi panorami usati dai grandi marchi, noti per pratiche intensive, per presentare nelle pubblicità i prodotti agli acquirenti, a loro volta liberi di pensare che il problema alimentare sia una questione che riguarda solo il Terzo mondo».

d.g.

ALLA GUIDA DELL’ENTE FONDATO DA CARLO PETRINI
Dalla città alla campagna per seguire sensazioni, desideri e imperativi etici che, in poco più di dieci anni l’hanno condotta a essere eletta alla guida di Slow food Italia. La storia della fiorentina Barbara Nappini dà voce alle persone che hanno scelto di non riconoscersi nei ritmi frenetici del produttivismo occidentale per porsi in ascolto della natura e realizzare un ideale democratico riferito al cibo, fulcro dei ragionamenti dell’associazione internazionale fondato, nel 1986, dal braidese Carlo Petrini. Segue progetti di orticoltura, attività proposta nelle scuole e con centri diurni che accolgono persone affette da disabilità, sostenuta con l’associazione Il grano e le rose.

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