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La storia che si insegna a scuola e quella che alcuni Stati vogliono addomesticare

La storia che si insegna a scuola e quella che alcuni Stati vogliono addomesticare
Ragazzi davanti a un reperto archeologico. L’interpretazione della storia e delle sue testimonianze è sempre problematica.

LETTERA AL GIORNALE Gentile direttore, con la ripresa in presenza delle lezioni, la scuola italiana ripartirà a pieno regime. Nei prossimi mesi, oltre alla pandemia e ai soliti problemi strutturali, dovrà essere pronta ad affrontare un nemico culturale assai potente.

Sta affermandosi in nazioni lontane tra loro dal punto di vista sociale, istituzionale e politico una nuova teoria sull’insegnamento della storia. Finché la teoria era patrimonio di Russia, Cina e molti Stati islamici preoccupava fino a un certo punto, ora che è approdata ufficialmente negli Stati Uniti d’America l’allarme diventa rosso perché tutto ciò che succede negli Usa, nel bene e nel male, dopo qualche tempo arriva anche da noi. Nel 2009 fu istituita una “Commissione presidenziale della Federazione russa per contrastare i tentativi di falsificare la storia a scapito degli interessi della Russia”. La Commissione fornì la sua versione di alcuni fatti del regime di Stalin (eccidio dei kulaki, in stragrande maggioranza contadini ucraini), spartizione della Polonia con la Germania nazista (vedi strage di Katin) e roba simile, ma soprattutto stabilì un principio generale: la storia è ciò che serve gli interessi nazionali della Russia, tutto il resto è revisionismo.

Nell’inverno del 2020, l’allora presidente Donald Trump ha creato la “Commissione 1776” che definì il proprio obiettivo come la «restaurazione dell’istruzione americana». Il rapporto finale si concentra sulla «piaga della politica dell’identità», secondo la quale «i presunti oppressori» devono «fare ammenda e addirittura essere puniti in perpetuo per i loro peccati e per quelli dei loro antenati».

La primavera scorsa, in molti Stati degli Usa sono state presentate proposte di legge, e in alcuni trasformate effettivamente in legge, che vietano ogni attività didattica che negli allievi possa creare «disagio, senso di colpa, angoscia o qualsiasi altra forma di turbamento psicologico a causa dell’appartenenza razziale o del sesso dell’individuo» (Stato dell’Oklahoma). Traduzione: se un docente di storia spiega che è ancora riprovevole che i fascisti/nazisti incendiassero le case e uccidessero i civili di Boves, per ben due volte, come rappresaglia contro le azioni dei partigiani e uno studente/genitore si sentisse offeso o a disagio perché nipote/simpatizzante/affiliato di un gruppo neonazifascista, il prof di turno sarebbe in torto e sarebbe censurabile.

Se il medesimo parlasse degli stupri di Srebrenica e un alunno, magari serbo, provasse vergogna per le azioni compiute dai suoi concittadini, il prof dovrebbe subito cambiare argomento per non urtare la sua sensibilità.

Sembrano assurde esagerazioni, ma l’approvazione in più Stati degli Usa di una legge che riprende le indicazioni di una Commissione dell’Unione americana è una faccenda seria, da non prendere sottogamba.

Michele Cauda, Catsagnito

Gentile signor Cauda, alla celebre definizione di “historia magistra vitae”, si affiancano purtroppo non pochi tentativi di edulcorare o riscrivere il passato della nostra umanità, piegandolo agli interessi del presente. C’è chi sostiene che la storia la scrivono i vincitori. Tutti aspetti presenti nella temperie culturale di ogni tempo e di ogni latitudine geografica. Oggi si è aggiunta una particolare sensibilità al cosiddetto “politicamente corretto”, una linea di opinione e un atteggiamento sociale di estrema attenzione al rispetto formale, soprattutto nel rifuggire l’offesa verso determinate categorie di persone. Benché i confini siano labili, c’è però una differenza tra il rispetto delle persone (a qualunque categoria appartengano) e la falsificazione dei fatti coscientemente perseguita per fini ideologici o economici. Ecco perché noi cristiani, coscienti dei limiti umani, perseguiamo un’altra Verità, la sola che può renderci liberi veramente (Vangelo di Giovanni 8,32).

g.t.

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