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Abitare il piemontese: la parola della settimana è Beu

Scopriamo il significato del termine piemontese "Ventiȓin" con Paolo Tibaldi

BEU Bue, bovino. Animale da lavoro, fondamentale per la civiltà contadina.

Nella scena della Natività, evocata in questi giorni con il presepe, vi sono almeno due animali simbolici e densi di significato, l’asino e il bue, che riconoscono e scaldano con il loro fiato il Bambin Gesù. Nella storia del territorio c’è un animale monumentale a cui non si è ancora reso grazie a sufficienza: con latte, carne e soprattutto gran dedizione al lavoro, i bovini (ëȓ bes-ce, le bestie per antonomasia) hanno permesso al mondo agricolo di tirare su la testa, svilupparsi, avanzare in un’infinità di mansioni e favorire momenti di ritrovo sociale. La famosa giornata piemontese (3.810 metri quadrati) è calcolata in base alla superficie di terreno che riesce a lavorare mediamente una coppia di beu ross (buoi rossi, piccoli e robusti) in una giornata.

Tra le razze bovine, una è propriamente piemontese, riconoscibile soprattutto dalla formidabile struttura muscolare. La storia di questa razza per come la conosciamo oggi, nasce nel 1886 a Guarene, in provincia di Cuneo; i controlli sanitari del periodo tentarono di togliere dalla circolazione questi animali, poiché si credeva fossero mostruosi. Gli agricoltori, ostinati, cominciarono ad allevare i vitelli sino a farli diventare tori da riproduzione. Così quella muscolatura ampia e prominente si diffuse nella popolazione animale avviando la razza piemontese, con la caratteristica della “doppia groppa”, cosce e colli molto sviluppati: una morfologia assolutamente importante.

L’allevatore Giorgio Filippa di Castiglione Tinella mi racconta: «Quando ci svegliamo, la prima cosa che facciamo è andare nella stalla a dar da mangiare e mungere. Ci sono sempre prima loro, che sono esseri viventi e hanno esigenze ben precise. Possono avere problemi che non sanno esprimere, dobbiamo essere noi a interpretarli e risolverli». Luca, il figlio di Giorgio, tiene a dirmi che un tempo, la valutazione dei buoi avveniva anche per la morfologia delle corna. Quelle castlin, ricurve all’insù, erano preferibili per il lavoro agricolo, specie in collina, poiché le corna moton, dritte e orizzontali, avrebbero rischiato di impigliarsi continuamente tra i filari.

Paolo Tibaldi

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