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Niente bollino nero Ue sul vino, almeno per ora

Niente bollino nero Ue sul vino, almeno per ora

ENOLOGIA Sarebbe stato grave se il Parlamento europeo avesse approvato la proposta della Commissione di segnare con il “bollino nero” un prodotto di lunga tradizione e di grande radicamento territoriale come il vino.

Si sarebbe demonizzato il consumo delle bevande alcoliche con un allarme in etichetta, alla stregua di quanto fatto anni fa per le sigarette. L’iniziativa rientrava nel pacchetto del cosiddetto Cancer plan e rischiava di porre il vino in una posizione di grave incriminazione senza alcun riferimento alla quantità e anche all’origine stessa dell’alcol in esso contenuto.

Senza dimenticare che tra le conseguenze della misura ci sarebbero potuti essere danni collaterali come l’incremento della tassazione e, soprattutto, l’esclusione del vino dalle politiche promozionali portate avanti dall’Unione europea. A dire la verità, i cambiamenti apportati al testo del Cancer plan sembrano rispondere più a una mediazione ragionata che a un convincimento della Commissione di aver preso un abbaglio. Questa considerazione deriva dal tipo di emendamenti che sono stati apportati al testo: è stato introdotto il concetto di consumo dannoso, che viene in ogni caso condannato; le avvertenze per la salute sono sostituite dalle «informazioni sul consumo di vino moderato e responsabile».

Nel testo della Commissione c’era un’altra frase che aveva destato preoccupazione: «Non esiste un livello di salvezza». Nella nuova stesura, con un equilibrismo degno dei migliori acrobati si scrive: «Non esiste un livello di consumo totalmente sicuro». Anche la limitazione rispetto alle attività di sponsorizzazione a favore del vino per il momento è parzialmente scongiurata, visto che è stata limitata nel caso di eventi sportivi destinati a un pubblico prevalentemente giovane.

Restano alcune incognite. Bisognerà continuare a monitorare la situazione perché il fronte dei proibizionisti, individuabili sommariamente nei Paesi del Nord Europa, non si daranno per vinti. Alla base di tutto c’è la netta divisione nell’approccio culturale al consumo di vino e bevande alcoliche.

Secondo Paolo De Castro, già ministro dell’agricoltura e componente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, noi italiani, insieme a spagnoli, greci e gran parte dei francesi, «siamo per la linea morbida. Il nocciolo della questione sta nel tenere a freno le richieste dei Paesi del Nord Europa: nel consumo alcolico, là prevale la propensione allo sballo e la concentrazione nel fine settimana, rispetto al consumo moderato e quotidiano nei Paesi mediterranei».
Nei prossimi mesi ci sarà ancora da lavorare per evitare che la lotta indiscriminata all’alcol possa tornare sotto altre forme.

Nel testo del Cancer plan sono rimaste alcune indicazioni relative all’incremento della tassazione sul vino e alla revisione della politica promozionale. Sullo sfondo rimane la questione Nutriscore, che sostituirebbe la politica della formazione e dell’informazione del consumatore con quella della demonizzazione, spesso arbitraria, di prodotti destinati all’alimentazione.

Giancarlo Montaldo

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