Prezzi: pere, finocchi e olio di semi al top dei rincari

Prezzi: pere, finocchi e olio di semi al top dei rincari

AUMENTI Sono in gran parte aumenti a due cifre quelli registrati a febbraio dai prodotti alimentari, con prodotti stagionali tradizionalmente economici, come i finocchi, saliti alle stelle.

Secondo la classifica elaborata dall’Unione nazionale consumatori in base ai dati Istat sull’inflazione di febbraio, in testa ai rincari dei prodotti alimentari spiccano le pere che costano il 32,2% in più rispetto a febbraio 2020.

Al secondo posto radici, bulbi non amidacei e altri vegetali (carote, finocchi, cipolle, aglio, asparagi, carciofi) saliti del 21,5%. Sul gradino più basso del podio l’olio diverso da quello di oliva (oggetto in questi ultimi giorni di alcuni casi di corsa all’accaparramento) che vola del 19,1%.

Tra i beni non alimentari, segnala l’Unc, l’energia elettrica sul mercato tutelato che vince con un astronomico +103,4% rispetto a febbraio 2020. Al secondo posto il gas del mercato tutelato, +86,5%. Al quarto posto Gpl e metano con +38,7%, poi i voli intercontinentali, che letteralmente decollano del 27,8%.

In deciso rialzo anche le autoscuole con +16,1% e i pacchetti vacanza nazionali che salgono del 14,6%.

Guardando in modo ancora più dettagliato agli alimentari, l’Unc rileva l’aumento di cetrioli, melanzane, zucchine, piselli, peperoni, fagiolini che svettano del 18,7%. Seguono i pomodori con un incremento del 15,5% e quindi il prodotto simbolo della cucina italiana, la pasta (secca e fresca), con +14,6%. Al settimo i cavoli (+11,2%), il burro (+11,1%) e, ex aequo, arance e pesche (entrambe a +10,1%). I frutti di mare sono a +10%, mentre la carne più rincarata è il pollame (+5,9%).

«I rialzi dei beni energetici hanno fatto decollare i prezzi della verdura, sia per via delle serre che dei costi di trasporto su gomma. La pasta continua a rincarare, ma per ora secondo il trend in salita iniziato a partire dal mese di settembre 2021 è legato al crollo delle importazioni dal Canada (nel 2021 -59,6%). Se ci saranno in futuro speculazioni legate alla guerra in Ucraina, dalla quale non importiamo frumento duro, le denunceremo all’Antitrust. Ricordiamo che Russia e Ucraina hanno per il frumento duro solo il 2,3% dell’export mondiale e quasi inesistente per l’Italia» afferma Massimiliano Dona, presidente dell’Unione nazionale consumatori.

«Questi dati attestano comunque l’urgenza di dover intervenire per ridurre i costi dei beni energetici, senza i quali l’inflazione scenderebbe dal 5,7% al 2,1%. E il primo intervento indifferibile del Governo deve essere quello relativo alla benzina e al gasolio, per bloccare le speculazioni in corso. Urge un’immediata diminuzione delle accise di almeno 50 cent», conclude Dona.

Ansa

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