Un padre e due fratelli: storia senza un finale

PENSIERO PER DOMENICA – QUARTA DI QUARESIMA – 27 MARZO

La parabola del figlio prodigo (Lc 15,1-32) è uno dei testi più noti della letteratura mondiale. Nessun commento sarà mai all’altezza della sua portata rivelativa. Giova ricordare che questa pagina di Vangelo è talmente sconvolgente, che la Chiesa per secoli, fino alla riforma liturgica voluta dal Vaticano II, non ha osato proporla come lettura della Messa. La parabola ha tre protagonisti.

Un padre e due fratelli: storia senza un finale
La parabola del figlio prodigo, opera del pittore e scultore catanese Francesco Messina (1900-1995).

Il padre misericordioso. Gesù, accogliendo i peccatori, scandalizzava i benpensanti dell’epoca. In risposta alle loro critiche, spiega che questo è lo stile del Padre, raffigurato dal padre della parabola. Questi non è stato capito né dal fratello minore che ha fatto di tutto per andare lontano da lui, in cerca di piacere e libertà, né dal fratello maggiore che ha usato la “strategia del dovere”, di una religiosità e di una morale servili, nemiche della gioia di vivere. Il padre li ha lasciati liberi di fare le loro scelte. Il Padre annunciato da Gesù è capace di un amore assolutamente gratuito: ci ama non perché siamo buoni, ma perché lui è buono. Per questo il suo è un amore che non viene meno.

Il figlio minore. Non sappiamo perché chiede la sua parte di eredità, né della frenesia che l’ha spinto a uscire di casa. L’errore del giovane non è l’aver voluto vivere in pienezza la propria gioventù né di aver cercato il piacere, ma di non aver controllato queste pulsioni con intelligenza e senso del limite. Il risultato è stato la perdita di tutto, la fame, un lavoro umiliante. Poi è arrivata la crisi, che non sempre è buona consigliera! Il giovane invece «rientrò in sé stesso», anche se spinto da un confronto utilitaristico: la sua condizione di fame e quella dei salariati nella casa paterna. Ma non solo per questo: come ci suggerisce san Paolo (2Cor 5,17-21), alla base di ogni conversione c’è l’intervento di Dio. Di qui il suo accorato appello: «Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio». È lui che ci fa tornare. Noi dobbiamo solo accettare il suo abbraccio.

Il fratello maggiore. Torna dalla campagna, stanco dopo una giornata di lavoro. Sente la musica, capisce che in casa si fa festa. Informato su quanto è successo, si rifiuta di partecipare a una festa che sente come un affronto. Comprendiamo il dramma del padre: ha appena ritrovato un figlio e ne perde un altro! Ma forse l’aveva già perso, perché in fondo non aveva mai conosciuto né il padre, considerato come un padrone, né il fratello, che chiama “tuo figlio”. Non sappiamo il finale. Il figlio maggiore accetterà di partecipare alla festa? Forse questo finale tronco ci suggerisce che non è tanto importante sapere come sono andate le cose nel racconto, ma dove ci collochiamo noi. Con quale dei due fratelli ci identifichiamo?

Lidia e Battista Galvagno

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