La Sindone e la sua immagine: il 4 maggio ricorre la festa liturgica

Monsignor Cesare Nosiglia annuncia una preghiera straordinaria davanti alla Sindone per Sabato santo 1

TORINO Nel 1506 papa Giulio II approvava la Messa e l’Ufficio della Sindone fissandone la festa il 4 maggio, che allora significativamente seguiva il giorno della festa dell’Invenzione della Croce.

Con ciò si riconobbe il ruolo che la Sindone con la sua immagine può rivestire dal punto di vista pastorale, catechetico e spirituale. Il provvedimento pontificio accolse una formale supplica pervenuta dai sovrani sabaudi, che tuttavia rappresenta, come la storia dimostra, una istanza popolare, nel senso del Popolo di Dio, trasversale quindi, spontanea e non imposta, che la Chiesa accoglie e organizza dotando la Sindone di strumenti – letture e preghiere – in grado di orientare il corretto culto e approfondirne il significato. Così come è accaduto e accade per la maggior parte dei culti particolari. Tuttavia, anche se dal testo che approva la liturgia emerge la convinzione che la Sindone sia effettivamente il lenzuolo funerario di Cristo, che dunque contiene la sua immagine e il suo sangue, non si può ritenere che essa rappresenti l’autenticazione in senso formale del Lenzuolo, come appare anche evidente dal fatto che documenti pontifici di poco successivi accolgono la formula cautelativa, seppur usuale, ut pie creditur.

Questo suggerisce una riflessione sul peso che la questione dell’origine della Sindone, un po’ impropriamente chiamata autenticità, esercita sulla possibilità della sua fruizione, sia essa ecclesiale o più universalmente spirituale. Spesso autori e libri non riescono a prescindere da tale condizionamento, modellando la propria esposizione e la valutazione delle fonti su convinzioni personali preesistenti, subordinando ogni possibile fruizione della Sindone alla questione dell’autenticità.

La Chiesa per altro non si è mai espressa in merito, evidenziando due livelli possibili di approccio.

Il livello più spontaneo riconosce il valore prioritario dell’immagine. Tale aspetto è evidente e indiscutibile e la sua comprensione, come magistralmente ha scritto mons. Giuseppe Ghiberti, è prescientifica in quanto oggettiva, così come è di immediata percezione l’innegabile rimando ai Vangeli. Uno studio scevro da pregiudizi della storia della Sindone conferma che il suo valore in quanto immagine è preminente. In seconda battuta si pone il problema se essa possa definirsi in senso tecnico reliquia della Passione del Signore: tale connotazione non è più immediata, in quanto presuppone un approfondimento successivo dei risultati della ricerca sul Telo e di fatto soggettiva, in quanto una volta acquisiti i dati che tale ricerca offre, ciascuno è chiamato a effettuare una personale valutazione critica circa le probabilità che la Sindone sia collegabile o meno al sepolcro di Cristo.

San Giovanni Paolo II, tenendo conto di questi due aspetti definì la Sindone «specchio del Vangelo e provocazione all’intelligenza». Rovesciare le priorità rischia di mortificare il messaggio universale e profondo di quell’immagine che la Provvidenza ha voluto lasciarci. Certo si può essere convinti che i dati che conducono al Sepolcro siano convincenti, ma si deve convenire che non sono e non saranno mai definitivi, proprio per i metodi e i limiti intrinseci alla ricerca scientifica, come con grande lucidità affermò nel 1902 il primo ricercatore che interrogò la Sindone: Ives Delage, celebre zoologo francese, che pur professando il suo agnosticismo non esitò a fare affermazioni in tal senso, tra la riprovazione di ampia parte del mondo scientifico dell’epoca. Le sue riflessioni in tema rimangono un esempio di onestà intellettuale su un argomento che ancora oggi porta a interrogarsi sul tema ben più ampio del rapporto tra scienza e fede. Se dunque come credenti vogliamo trarre frutto dalla contemplazione della Sindone di cui in questi giorni celebriamo la festa impariamo a non lasciarci condizionare da una discussione che se pur lecita ed affascinante dal punto di vista intellettuale, portata alle estreme conseguenze oscura il profondo messaggio che il legame di quella immagine con il Vangelo ci offre. Ricordiamo che la Sindone ha due punti di riferimento ben precisi: in quanto immagine ha bisogno di poter essere guardata, e quindi necessita della nostra presenza come uomini che la osservano con gli occhi del corpo e dell’anima. Ma dall’altra parte c’è un riferimento imprescindibile, ed è Gesù Cristo. Se non ci fosse questo rimando la Sindone non susciterebbe tutto l’interesse e tutte le polemiche che la circondano. Come afferma con grande acutezza un teologo contemporaneo «senza Cristo la Sindone semplicemente non sarebbe».

Gian Maria Zaccone, direttore scientifico del Museo della Sindone

 

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