Don Chiera in missione dal Brasile all’Africa: «Qui c’è bisogno di tutto»

GUINEA BISSAU Dal Brasile all’Africa per portare in Guinea Bissau l’esperienza in favore dei ragazzi di strada maturata in 35 anni di missione. Don Renato Chiera, della diocesi di Mondovì, si trova da qualche mese in uno dei cinque Paesi più poveri al mondo dove ha trovato «Tante sensazioni, tanti volti, tante situazioni, tante immagini, tanta povertà con dignità, e una certezza: sono entrato in un mondo differente e misterioso, in una cultura sconosciuta ma con grandi tradizioni», scrive il sacerdote in missione “fidei donum” nel Terzo mondo, sostenuto come altre centinaia di preti dai fondi dell’8 per mille devoluti alla Chiesa cattolica italiana.

Alcune diocesi brasiliane hanno adottato la Guinea Bissau come terra di missione e il vescovo di Nova Iguaçu ha pensato a padre Renato e all’esempio delle Case do menor che lui ha fondato come progetto da riproporre sull’altra sponda dell’Atlantico, inviando il sacerdote che lavorava nella città ai margini della megalopoli di Rio de Janeiro verso Bambadinca, provincia guineana a un centinaio di chilometri dalla capitale, al centro di una zona molto povera in cui la popolazione di fede cattolica è minoranza.

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«Sono ritornato alla mia infanzia in campagna. Senza luce, acqua, Tv, senza bagno in casa, lavoro in campagna con mezzi semplici: falce e zappa e nessuna industria», aggiunge padre Renato che si avvicina agli 80 anni.

«Siamo venuti in Guinea in cinque. Assieme a me ci sono anche due giovani dell’Obra Lumen di Fortaleza con cui condividiamo le attività in favore di bambini e ragazzi vulnerabili proprio come facciamo da 36 anni in Brasile», spiega don Chiera ricordando che c’è molto da imparare in questa nuova missione: «Adesso rimaniamo in silenzio, ascoltiamo, osserviamo questa nuova realtà cercando di cogliere le grida e le necessità urgenti. Qui si deve andare molto adagio. Non dobbiamo colonizzare o arrivare sapendo già tutto. Mi devo fare povero, svuotarmi di tutto per accogliere e per capire, per fare con loro, non per loro. Siamo venuti per amare con gesti concreti che devono annunciare Dio Amore».

Padre Renato si rivolge alle diocesi della sua terra di origine e a chiunque possa fare un piccolo gesto di aiuto: «Sappiamo che avete molti problemi ma la vostra sensibilità è sempre grande e commovente. Un poco per voi è un miracolo per noi. Nessuno è così povero che non abbia niente da condividere. Siamo qui anche a nome vostro e in futuro potremo accogliere volontari».

La realtà africana

Nella Guinea Bissau ci sono solo due diocesi: Bissau e Bafatà, la seconda è nata appena 21 anni fa. Bambadinca è un grosso paese di 32mila abitanti, in mezzo alla foresta. L’unica ricchezza di questo paese essenzialmente agricolo è la produzione degli anacardi. «La lingua ufficiale è il portoghese, la stessa del Brasile ma ognuna delle 39 etnie usa una propria parlata di origine creola ma tutti capiscono la lingua dell’amore» spiega don Renato. «Non abbiamo auto e andiamo a piedi nel grande villaggio. Le persone e soprattutto i bambini già ci conoscono. Ci vengono in incontro e ci chiamano per nome. Arrivano a gruppi in casa nostra. Aspettano un bicchiere di acqua o caramelle. Giocano in un piccolo spazio qui vicino, come pallone, si servono di gomitoli di stoffa o ciabatte. E sono felici anche se pieni di polvere rossa o bianca».

Ripensare l’accoglienza

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Padre Chiera riflette sulla necessità di ripensare l’esperienza di accoglienza. «Sto cambiando e molto la mia idea di evangelizzazione. Prima di noi missionari è arrivato lo Spirito Santo e ha lasciato, nel cuore di questo popolo valori comunitari di solidarietà, di rispetto del sacro e della natura, di appartenenza a una grande famiglia. Sono sementi che dobbiamo cogliere e riscattare. Sono loro che evangelizzano e hanno molto da insegnare al mondo cristiano occidentale. Ho visto un ragazzino che comprava una lunga pagnotta. Tanti bimbi più poveri si sono avvicinati. Lui ha distribuito un pezzettino per ognuno», afferma ancora padre Renato.

Le esigenze immediate per il progetto di padre Chiera sono un pozzo per acqua potabile e uno spazio riparato per incontri, attività di evangelizzazione e di gioco ma tutto ciò che va oltre la sussistenza è molto caro in quella zona. «I missionari devono trovare la provvidenza per la sopravvivenza quotidiana e qui abbiamo casa, luce e acqua potabile. Noi mangiamo tre volte al giorno ma la maggior parte della popolazione mangia solo una volta» spiega don Renato concludendo «Stiamo pulendo a mano un’area della foresta accanto a noi per un creare un campetto di calcio. Cerchiamo computer per un corso di informatica e aiuti per iniziare il pozzo».

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