La barca di Viglino spiega le vele sull’alto colle di Mombarcaro

La barca di Viglino spiega le vele sull’alto colle di Mombarcaro
© Angelo Fiore

MOMBARCARO L’acqua è vita, ma può accadere che, per sua causa, le nostre esistenze restino segnate. Lo dimostrano gli eventi meteorologici distruttivi periodicamente verificatisi in Piemonte. C’è una data, 5 novembre 1994, che i langaroli adulti non scordano e i giovani hanno imparato a memoria. In quell’alluvione il Tanaro mostrò la sua forza. Delle persone persero la vita, altre la videro cambiata per sempre.

Gian Piero Viglino, artista nato nel 1951, all’epoca viveva in località Moriglione di Novello, a cinquanta metri dal fiume. «L’acqua arrivò a tre metri e mezzo, alla fine la casa resse, ma io e la mia compagna perdemmo tutto. Proprio tutto, anche i quadri: rimanemmo in braghe di tela, io, lei, tre cani e due gatti».

Per riconciliarsi con il Tanaro, Gian Piero, trasferitosi successivamente a Dogliani, nel giugno 2019 ha organizzato una mostra d’arte sulle rive del corso d’acqua, in località Cantonata di Farigliano, dall’emblematico titolo “Avrei voluto avere una barca”. «L’idea me la diede Pippo Bessone, dicendomi “hai mai fatto pace con il Tanaro”. Un progetto simile penso fosse mai venuto in mente a nessuno; in pochi giorni sono passati circa 800 visitatori. Con materiali di recupero, realizzammo una grande barca, smontata al termine dell’esposizione. Ho dato alle stampe un libro, ma il Covid-19 è stato una seconda alluvione e ha interrotto le presentazioni».

Il ricordo dell’imbarcazione ha suscitato la curiosità di Ausilia Battaglia, curatrice della mostra d’arte diffusa Forme e colori dei Cavalieri delle Langhe. «Mi ha chiesto di rifarla e io ho accettato, scegliendo di posizionarla nel prato situato sotto l’area camper di Mombarcaro. Mentre la scorsa volta rappresentava una sorta di rito sciamanico di ricongiungimento con il fiume, adesso è diverso. Prima di tutto, non sarà smontata ma ci penserà il tempo a disgregarla. Sarà dipinta di bianco, un colore che può assumere diversi significati a seconda delle culture. Poi, come si capisce dal titolo, “Siamo tutti migranti”, il significato è diverso. La barca è un simbolo che si adatta a innumerevoli interpretazioni. Penso a chi emigra oggi per essere sfruttato nelle nostre vigne, o a noi italiani che passammo per tale situazione il secolo scorso. Ma anche nella letteratura e nel cinema sono numerosi i rimandi. C’è poi il detto “come una barca nel bosco” e c’è il toponimo del paese che richiama il mare in lontananza».

La scelta del materiale per la costruzione non è casuale. Gian Piero ha usato pali di castagno, fili di ferro, corda e viti: «Tutta roba che si trova nei nostri vigneti. La vela è costituita da cordini perché, diversamente, il vento l’avrebbe spezzata. Ho iniziato il lavoro a maggio e mi hanno aiutato diversi amici. Diciamo che, rispetto al progetto originario, la situazione mi è sfuggita un po’ di mano: alla fine, la barca è lunga oltre trenta metri, mentre il pennone è alto nove». L’inaugurazione, o meglio, il varo avverrà sabato 30 luglio alle 17.  

Davide Barile

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