Vivere l’età della crisi fra conflitti, rincari e nuove opportunità (REPORTAGE)

Vivere l’età della crisi fra conflitti, rincari e nuove opportunità (REPORTAGE)

REPORTAGE Il sostantivo “emergenza” rimanda al verbo emergere, ovvero affiorare, comparire in superficie. Oltre a riferirsi all’ansia per un pericolo, il vocabolo individua fenomeni in precedenza invisibili. Fatica e sofferenza, tuttavia, possono celare lezioni impensate e offrono strumenti di crescita, in una società sempre più sfilacciata nelle sue componenti.

Le storie degli uomini e delle donne propongono, nella quotidianità, questi assunti. Una testimonianza diretta viene da Anna, professoressa di storia dell’arte in un liceo di Bra: «Mio nipotino di 7 anni, dopo una lunga giornata trascorsa con gli amichetti, mi ha guardata e ha detto: “Ma in Ucraina come fanno a combattere il virus, la siccità e la povertà?”. Non ho saputo cosa rispondere. Poi ho dichiarato: “Dovranno re-imparare a sognare”». La donna confessa di essersi sentita a corto di spiegazioni: «Nel suo modo di pensare il mondo, mio nipotino aveva aggregato tutte le emergenze sentite in televisione o in radio in un unicum».

Anna, 35 anni, una laurea in architettura a Torino e molti viaggi, ha iniziato a interrogarsi sul futuro dei giovani: «Mi sono domandata come cresceranno i nostri bambini se diamo loro la costante impressione di essere sull’orlo del precipizio e quale concetto di libertà e sicurezza potranno sviluppare». Domande pressanti in un’epoca nella quale «le cose non sono mai state così mobili e informi. Ho sentito di dover restituire alle nuove generazioni un senso di speranza».

AFFANNI QUOTIDIANI

Gli ultimi mesi sono stati caratterizzati dalla sovrapposizione di fenomeni critici: la conflittualità persistente in Ucraina; i moti migratori mai interrotti e la siccità dovuta all’emergenza climatica. A pesare nella percezione delle persone sono però i rincari di bollette e generi alimentari.

Alcuni dati, relativi alla situazione dei consumatori, sono stati pubblicati dal portale Altroconsumo nei giorni scorsi: la farina tipologia doppio zero ha conosciuto un incremento del 33 per cento in dodici mesi, fra maggio del 2021 e due mesi fa. Anche per il prezzo delle zucchine si registra un incremento del 32 per cento tra aprile 2021 e aprile 2022; nel complesso la quota di spesa destinata agli acquisti alimentari è cresciuta del 20 per cento in un solo anno.

Non va meglio se si risale alla “fonte” dei nostri alimenti: in Piemonte mancano risorse idriche a uso irriguo. Con la siccità che perdura gli invasi hanno registrato minimi storici, mostrando una riduzione del 40 o addirittura del 50 per cento delle portate, rispetto alla media storica. Secondo i dati diffusi da Confagricoltura a fine giugno, i danni ammonterebbero, per la sola produzione delle campagne, a circa un miliardo e 150 milioni di euro. La difficoltà ambientale, in provincia di Cuneo, si manifesta anche attraverso i dati sul suolo consumato (in continuo incremento), la perdita di biodiversità e l’inquinamento.

INSTABILITÀ POLITICA

Tra i numeri descrittivi della crisi globale si impongono i dati relativi alla situazione migratoria: persone assediate da guerra e povertà che giungono in Italia. Da inizio anno sono sbarcate sulle nostre coste più di 25.600 persone, secondo i dati del Dipartimento della pubblica sicurezza, diffusi a fine giugno dal Ministero dell’interno. Gli arrivi sono in aumento, rispetto al 2021, quando erano state poco più di 19mila; nel 2020 il “conteggio” si era fermato a poco più di 6mila sbarchi, ma era l’anno dei lockdown.

A tutto ciò si aggiunge la preoccupazione per gli equilibri geopolitici instabili e la guerra in Ucraina. Un fenomeno che, come spiegano i ricercatori di Ires Piemonte Stefano Aimone, Claudia Galetto e Ludovica Lella, unito alla ripresa economica post Covid-19 ha provocato, nel 2022, mutamenti improvvisi nell’assetto globale, «generando squilibri di mercato e meccanismi speculativi responsabili di un balzo nei prezzi delle materie prime e scarsità di componenti tecnologici. Tutto questo ha causato una prima fiammata inflattiva e condizioni di produzione a singhiozzo per alcune filiere». Inatteso, un altro fenomeno ha rischiarato, all’inizio del 2022, il tunnel della pandemia, con conseguenze altrettanto minacciose: si tratta delle colonne di carri armati russi.

Il nuovo anno «si è aperto con l’esplosione della più grave crisi geopolitica in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, scatenata dall’invasione del territorio ucraino da parte della Russia. L’impatto di questo shock sull’economia è stato immediato, mettendo a rischio la disponibilità di materie prime strategiche e acuendo la spinta inflattiva già in corso». Gli studiosi proseguono rilevando come la crisi fra Russia e Ucraina abbia rimesso in discussione anche la sicurezza alimentare europea e nazionale, a causa dell’alto livello di dipendenza, rispetto a forniture essenziali (cereali e altre materie prime alimen­tari, fertilizzanti) da parte dei Paesi coinvolti e, più in generale, da altre aree del pianeta: «Si alza quindi, nuovamente, l’asticella che l’economia italiana e quella piemontese devono saltare, per compensare gli effetti recessivi del nuovo shock e incamminarsi lungo un sentiero di crescita più ro­busto».

Come nel caso della reazione ai colpi della pandemia, dopo un primo momento drammatico, «le sfide del nuovo contesto macroeconomico e geopolitico posso­no essere trasformate in opportunità». Ecco dunque emergere dall’ombra un nuovo sentiero: «Occorre velocizzare – per quanto la situazione contingente richieda misure di emergenza per energia e materie prime – la transizione energetica. Un passaggio indispensabile assieme alla maggiore attenzione verso gli impatti sociali dei cambiamenti in atto. Non bisogna inoltre dimenticare che sullo sfondo di questa scena agitata resta sempre urgente e fondamentale mitigare il cambiamento climatico e contenerne gli effetti».

ALLA RICERCA DI FUTURO

La lotta per il clima e una società più solidale diventa dunque modalità di riscatto, possibilità di emancipazione e di fondazione di un nuovo stato di benessere. Tutto passa attraverso relazioni più cooperative, legami più robusti tra comunità e persone. Lo spiega Franco Chittolina, direttore dell’Associazione per la promozione delle culture in Europa (Apice): «Vivere serenamente nelle condizioni attuali, segnate da guerra, pandemie e crisi climatiche non è facile, soprattutto per le fasce di popolazione più fragili». L’esperto di politica internazionale prosegue: «Il futuro non è scritto da nessuna parte e realizzarlo dipende anche da noi, oltreché da chi ha responsabilità dirigenziali e amministrative. In un’economia di guerra non c’è alternativa al rafforzamento della coesione sociale».

Si attraverseranno finestre di sofferenza, riprende Chittolina: «È probabile che la guerra in Ucraina si protragga a lungo e ne soffriremo le conseguenze. Al momento i dati dell’economia cuneese non sembrano risentire troppo della crisi e altrettanto si può ancora dire dell’area di Langhe e Roero». Sulle nostre colline si assiste al ritorno in forze del turismo, «i prodotti di punta del nostro areale dovrebbero tenere, sul mercato, su prospettive di breve durata. Per il lungo periodo è difficile fare previsioni: sono troppe le variabili che entrano in gioco, anche se è bene prepararsi a un autunno più difficile del solito».

La sofferenza non è solo nostra, ma anche del mondo naturale, alle prese con altre problematiche: «In campo climatico l’Unione europea sta cercando di mantenere obiettivi ambiziosi, come il blocco dell’immatricolazione di auto con motore a scoppio dal 2035: una linea operativa sostenuta dal Parlamento europeo. L’Europa, tuttavia, deve fronteggiare il ritorno d’emergenza ai combustibili fossili». Prevenirlo sarà anche compito dei cittadini, chiamati a «rivedere abitudini e consumi consolidati. Le comunità locali, infatti, non dispongono di molte leve per intervenire, se non sul versante del risparmio energetico e di quello idrico».

POPOLAZIONI IN FUGA

La crisi migratoria è un altro argomento affrontato da Franco Chittolina: secondo lo studioso non si tratta di invasioni o flussi ingestibili. «Dovremo fronteggiare movimenti straordinari provenienti sia dalle zone di guerra (presto saranno circa 150mila i profughi ucraini in Italia) che dalle regioni in preda a carestie e fame, in particolare dagli areali più colpiti dal blocco del grano e di altri generi alimentari». Bisognerà però percepire il cambiamento delle «proporzioni tra le presenze autoctone e quelle straniere, nella nostra popolazione, già vittima di un forte processo di caduta demografica».

A questo proposito i dati del rapporto Benessere equo solidale di Istat evidenziano, in Piemonte, la necessità di prevenire l’urgenza legata al calo di residenti, alle prese con un progressivo e problematico invecchiamento. Quasi la metà della cittadinanza piemontese, con un’età superiore ai 75 anni, presenta una condizione di multicronicità o convive con gravi limitazioni nelle attività abituali: nel 2021 ne soffrivano il 44 per cento degli anziani, valore simile a quello delle altre regioni del Nord e inferiore alla media nazionale. Nel Belpaese infatti quasi il 48 per cento degli ultrasettantenni sperimenta condizioni di sofferenza. Il quadro peggiora fra gli ultraottantenni raggiungendo, a livello nazionale, la soglia del 60 per cento.

RIPENSARE IL PRESENTE

In conclusione, nel ribaltamento di prospettive e dinamiche indotto dalla pandemia, affiorano connessioni invisibili tra economia e clima, demografia e guerra, sanità e migrazioni. Nel nuovo presente osservare le fratture può essere utile per impostare ricombinazioni capaci di utilizzare i frammenti del vecchio per far emergere traiettorie mai immaginate, sia a livello sociale che di crescita individuale. In questo momento di transizione occorrerà però tutelare la fragilità e le fasce più vulnerabili – che rischiano sempre di pagare il prezzo più alto di ogni cambiamento profondo.

 Matteo Viberti

Banner Gazzetta d'Alba