La Bollente, il cuore accogliente di Acqui Terme

La Bollente, il cuore accogliente di Acqui Terme
Acqui Terme © Stefano Mazzone / Wikipedia

ITINERARI Quando si parla di termalismo in Piemonte, è impossibile non citare Acqui Terme, città di circa ventimila abitanti tra le colline monferrine. D’altronde, la località era già nota ai Romani, che qui fondarono Aquae Statiellae, le terme nel luogo abitato dai Liguri Stazielli. Troviamo un’altra Aquae spostandoci nella vicina Provenza, precisamente Aquae Sextiae, oggi chiamata Aix-en-Provence.

Tanti albesi, data anche la vicinanza geografica, si sono recati, negli anni, nella cittadina del Monferrato per sottoporsi a cure inalatorie: per usufruire della convenzione con il sistema sanitario nazionale, erano organizzati dei pullman che facevano ritorno in giornata. Gli impianti stanno però vivendo un periodo travagliato: in primavera la società proprietaria aveva ventilato l’ipotesi di una chiusura totale. Ora, raggiunto l’accordo con i sindacati, l’eventualità è stata accantonata, anche se, al momento di andare in stampa, non ci sono previsioni per la riapertura. C’è chi dice che avverrà già ad agosto, ma manca la certezza.

Le strutture comprendono le centrali Nuove terme, inaugurate nel 1891, con il lussuoso Grand hotel in stile liberty, e il complesso delle cosiddette Vecchie terme, situate in zona Bagni, a dieci minuti di camminata dal centro cittadino, superato il ponte sul Bormida. In quest’area stabilimenti analoghi esistono dal XVI secolo. Le occasioni per vivere un’esperienza con le acque termali non sono però totalmente precluse: restano gli spazi pubblici. Nella località Bagni c’è il Fontanino dell’acqua marcia, dove l’acqua solforosa sgorga, da un tempietto in stile neoclassico, a 19 gradi.

Ma è nella piazza centrale che sorge il simbolo della città, la Bollente: 560 litri d’acqua al minuto escono a una temperatura naturale di 74,5 gradi da una vasca circondata da un’edicola ottagonale progettata dall’architetto Giovanni Cerruti e inaugurata nel 1879. Per assaporare al meglio l’esperienza, è consigliabile arrivare da uno dei vicoli soprastanti, lasciandosi guidare dalla nuvola di fumo (la quale impressiona più in inverno che d’estate) e dal pungente odore di zolfo.

Per vivere appieno la gita, basta portarsi nello zaino un bicchiere, di vetro o plastica dura, per gustare l’acqua. Gli autoctoni vi osserveranno magari scuotendo il capo e dando un risolino, ma nessuno è profeta in patria. Oltre ai solfati, l’acqua è ricca di sodio, calcio, potassio, magnesio, cloro e carbonati e risale rapidamente in superficie dalla profondità di 3.000 metri.  

Davide Barile

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