Fondazione Mirafiore: le storie di sport di Federico Buffa (INTERVISTA)

 2
Federico Buffa

SERRALUNGA Il Laboratorio di Resistenza permanente della fondazione Mirafiore inaugurerà la stagione sabato 5 novembre alle 18.30 nel teatro di Fontanafredda con il giornalista sportivo Federico Buffa, che ha all’attivo alcune fortunate rappresentazioni teatrali in cui narra le olimpiadi di Berlino 1936 e la vicenda di Muhammad Alì (il celebre campione di pugilato nato Cassius Clay). Dopo aver iniziato a commentare la pallacanestro su Capodistria, è approdato a Sky, dove conduce ed è ospite in diverse trasmissioni calcistiche. Alla fondazione Mirafiore converserà con il pubblico sul tema “Lo sport, esperanto del mondo. Storia e storie”.

Partiamo da qui. Lo sport è quindi l’unico linguaggio davvero universale?

«Diciamo che è uno dei pochi e, in realtà, non ha bisogno di parlare una specifica lingua: lo sport infatti è compreso da tutti. Molte volte si è sostituito a manifestazioni politiche, ogni volta che la tensione diventa spaventosa è l’unica possibilità di uscita. Penso a quanto avvenuto dalle parti del 38esimo parallelo: le due Coree, in diverse occasioni, hanno presentato un’unica squadra, usando come inno una canzone popolare coreana».

La narrazione sportiva è sempre più apprezzata.

«Lo dobbiamo ai latino americani, i migliori nel farlo, e agli anglosassoni. Siamo bersagliati da immagini sportive e rischiamo l’overdose: la narrativa è un’utile alternativa, un modo diverso di fruire dello sport. Oltre alle grandi imprese, il racconto può rendere epiche le gesta comuni. Ogni sportivo, d’altronde, ha una storia interessante da raccontare. Il punto di svolta, nel nostro Paese, risale alla fine degli anni Novanta. Mettendo mano all’immenso archivio che aveva a disposizione, la Rai lanciò la trasmissione Sfide. Chi è arrivato dopo ha trovato la strada aperta».

Si può parlare di letteratura sportiva come una genere a sé stante?

«Certo, come per il viaggio, anche la letteratura sportiva è un genere unico. La nascita, anche in questo caso, va ricercata nel mondo anglosassone. Fino a circa venticinque anni fa non esisteva. In Italia stanno emergendo tanti ragazzi appassionati e molto in gamba, molti dei quali iniziano con un blog. Andrebbero valorizzati di più, ma in libreria, purtroppo, arrivano sempre le stesse cose».

Come reputa il livello del giornalismo sportivo in Italia?

«Al calcio si dà troppo risalto, forse soltanto la Formula 1 può contendergli un titolo da prima pagina. Si va molto dietro al pettegolezzo, ma il perché andrebbe chiesto ai caporedattori. La questione della separazione di Totti ha tenuto banco per settimane: credo che molti giornalisti si sentano un po’ offesi da tutto ciò».

Mancano un Gianni Brera o un Giovanni Arpino?

«Nessuno potrà più scrivere come loro. È cambiato il contesto, all’epoca si leggeva solo sulla carta stampata. Oggi sono tanti i modi di fare giornalismo, ma comunque la figura del reporter non morirà mai. Dovremo abituarci a parlare con gente che, grazie alle tonnellate di video disponibili, conosce già bene i vari avvenimenti sportivi, anche del recente passato. Diverso era il caso, ad esempio, di una partita degli anni Cinquanta».

La partecipazione all’incontro è gratuita. È necessario prenotarsi sul sito Web www.fondazionemirafiore.it.  

Davide Barile

Banner Gazzetta d'Alba