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Api, una ricchezza per l’ambiente

Api, una ricchezza per l’ambiente

ANALISI Il legame tra le api e l’ambiente è molto stretto. Questi esseri espletano la loro fondamentale utilità di impollinatori, necessari per la conservazione della biodiversità. Nel contesto ambientale la produzione del miele è di secondaria importanza. Analoga circostanza vale per i fiori: secernono il nettare non per essere utili alle api bensì per attirarle per l’impollinazione. La biologia dei due esseri trova così compensazione. Si è al- l’inizio di una complessa catena di eventi che concorre alla definizione dell’equilibrio dell’ambiente spontaneo. Si può affermare che se per ipotesi dovessero scomparire le api, il nostro pianeta andrebbe incontro a profondi mutamenti.

Tutti gli habitat possono ospitare le api a livello spontaneo. La maggiore o minore dimensione delle popolazioni dipenderà dalla quantità di alimento che offrirà il luogo, dal livello di sanità di quest’ultimo al microclima più adatto, il quale può definire condizioni di maggiore o minore favore. Vi sono per le api zone climaticamente più adatte, altre meno. L’alta montagna non è la più indicata per il freddo e la difficoltà di sopravvivere a un inverno lungo. Ulteriori difficoltà si riscontrano nelle zone troppo umide in quanto più favorevoli allo sviluppo di malattie.

Il miele è parte importante dell’organizzazione e biologia delle api. Esse lo producono con grandi quantità di nettare e lo immagazzinano. Le api sono tra i pochi insetti che costruiscono una famiglia per poi curarla e mantenerla durante l’inverno. Il miele stoccato consente quindi alla loro comunità di alimentarsi nella stagione più difficile, differentemente da quanto avviene per altre specie di imenotteri sociali, quali per esempio i bombi e le vespe, che svernano come individui isolati.

Nell’ambiente spontaneo, non è frequente l’estesa e abbondante monofioritura. Essa è di maggior interesse per l’agricoltore che non per le api, per le quali l’eterogeneità delle fioriture è più che sufficiente per la loro attività. Queste piccole operaie, perfettamente integrate nella natura, hanno un grande spettro di azione per quanto concerne la bottinatura.

MORIA IN CALIFORNIA

Gran parte delle specie coltivate – orticole, frutticole e altre ancora – necessitano degli insetti impollinatori. L’apicoltura può, con opportuni accorgimenti, coesistere e interagire con le pratiche colturali agrarie, sebbene alcune, come la difesa chimica, possano nuocere notevolmente. Gli apicoltori, trasportando di loco in loco gli alveari, possono assecondare le fioriture, allontanandosi nel contempo dalle situazioni per esse più pericolose. Un’esperienza annotata in California ci offre un esempio particolare in merito al prezioso contributo di questi insetti: una grande moria di api, verificatasi alcuni anni addietro, ebbe come conseguenza diretta la mancata produzione di mandorle in estese superfici coltivate. Oggi molti proprietari di aziende agricole richiedono agli apicoltori di trasportare gli alveari nei loro frutteti, rendendosi disponibili a pagare loro questo servizio.

L’agricoltura estensiva e soprattutto la monocoltura sono tuttavia negative per la vita delle api. In certi casi, si potrebbe verificare la loro scomparsa da alcuni ambienti. Colture di maggior rischio sono quelle estese di cereali come il mais e il riso. La rotazione agraria, un tempo più praticata, in cui i prati polifiti prendevano con frequenza parte all’avvicendamento, costituiva un’apprezzabile alternativa all’ambiente spontaneo della pianura. L’ape deve quindi adattarsi progressivamente ai cambiamenti che il settore agricolo impone ai territori. I cambiamenti per opera dell’uomo sono tuttavia molto veloci e non attendono ai tempi di adattamento, necessariamente più lunghi, che questi insetti richiedono ai nuovi ambienti che si vanno via via costituendo.

PIÙ PIANTE ED ERBE

Importante e proiettata al futuro è la realizzazione di oasi ricche di biodiversità, in abbinamento a zone di monocoltura intensiva. Non di meno è importante per la viticoltura l’opportunità di considerare con dovuta attenzione la cura delle superfici a colonizzazione spontanea o la predisposizione di eterogeneità erbacea, arbustiva o arborea nell’ambito di dette superfici.

LA FARFALLINA BIANCA

Le api quindi subiscono gli effetti, sia positivi sia negativi, che l’agricoltura induce all’ambiente. L’arrivo, per esempio, dell’insetto noto come farfallina bianca (metcalfa pruinosa), pur essendo negativo agli ambienti agricoli, è stato di grande opportunità per l’apicoltura, in quanto l’abbondante melata che produce è risultata un’inattesa nuova risorsa mellifera. Per contro, la sofferenza cui è incorso il castagno è stata di gran danno alle popolazioni di api, poiché ha limitato un’importante fioritura in un momento stagionale esclusivo. L’intensificarsi della monocoltura richiede poi opere colturali e trattamenti ricorrenti di difesa fitosanitaria che, con l’andare del tempo, anno dopo anno, divengono sempre più selettivi e letali.

Anni addietro molti apicoltori abbandonarono alcuni areali piemontesi dove avvenivano significative morie di api. Con la sospensione dell’impiego di alcuni fitofarmaci allora utilizzati, il fenomeno si arrestò, a riprova del notevole pericolo che talune pratiche di maggior impatto ambientale possono costituire.

L’apicoltura professionale oggi è nomade: gli apicoltori spostano gli alveari sulle fioriture più pregiate per ottenere differenti raccolti in purezza relativi alle singole specie vegetali, per produrre più miele e di migliore qualità. Esaurita quella monofloreale, dagli alveari sono tolti i melari e sostituiti, in modo da non mescolare il prodotto con mieli di differenti provenienze botaniche.

Gli apicoltori si accordano con i proprietari dei terreni affinché gli alveari possano permanere per un determinato tempo, in cambio di un certo quantitativo di miele: una sorta di mezzadria amichevole con reciproco beneficio.

 Edoardo Monticelli (www.viticoltura.com)

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