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Contro la cementificazione del suolo occorre mettere in pratica l’obiezione di coscienza

LETTERA AL GIORNALE Un cartello come quello nella foto sotto, posto nel bel mezzo di un fertilissimo terreno, solo pochi decenni fa avrebbe promesso benessere, sviluppo e futuro. Oggigiorno invece è l’annuncio dell’imminente arrivo del prossimo disastro. Un cartello che vende un terreno agricolo e fertile offrendolo a mattoni e cemento, è funzionale all’aumento sicuro di siccità per i prossimi anni, e prenota nuove e inevitabili Ischie locali.

Contro la cementificazione del suolo occorre mettere in pratica l’obiezione di coscienza

Quello in foto è posto su un terreno di Borbore di Vezza d’Alba, ma è facile incontrarne di uguali nei territori di Roero, Albese e Braidese. Riscaldiamo il pianeta con queste modifiche ai suoli contemplate dai piani regolatori generali dei vari Comuni, piani magari recenti, ma diventati vecchi e inadeguati, perché sinora le loro stesure non consideravano le emergenze climatiche e ambientali.

Ormai tutto il mondo scientifico, in blocco, ci avverte che non possiamo perdere neanche più un metro quadrato di suolo, perché il suolo è fonte di vita per i servizi ecosistemici primari che fornisce. I servizi, che il suolo ci offre gratis, sono una decina, e tra questi troviamo i due più importanti e vitali: l’assorbimento di acqua e il contenimento dell’anidride carbonica. In merito, il rapporto di un ente statale che di questo si occupa, l’Ispra, ci informa che la perdita della loro erogazione da parte del suolo, sotto il profilo economico e finanziario, ci costa tra 89mila e 109mila euro l’anno per ciascun ettaro di terreno cementificato.

Ora è vero che questi terreni sono sacrificati allo “sviluppo” in modo democratico, perché stanno nella pancia di piani urbanistici regolarmente approvati, ma questo non ci esime dal riconoscere che la velocità negativa assunta dal cambio climatico ci impone una drastica salvaguardia: stop al consumo di suolo. Da tre legislature si aspetta invano una apposita legge di tutela del suolo, e anche se il suo consumo andrà azzerato in Europa entro il 2050, rischiamo di arrivare a questa data con un territorio malato che non sarà in grado di affrontare il riscaldamento globale.

Per ora solo pochi sindaci hanno avuto il coraggio di invertire la marcia , cioè far ritornare agricole aree già rubricate edificabili, incoraggiati dal Consiglio di Stato che ha dato loro ragione nei successivi contenziosi con i proprietari, sta di fatto che intanto come provincia battiamo tutti i record con 36mila ettari di terreni “bruciati” e persi nel solo 2021.

Considerato il grosso ritardo in merito sul fronte della legislazione parlamentare, e la sostanziale inerzia degli amministratori nei diversi Comuni, rimane da lanciare un appello alle coscienze individuali, un esplicito invito a una obiezione di coscienza: non facciamoci la casa su di un terreno vergine e fertile, scegliamo in alternativa una delle migliaia di possibilità di recupero o ricostruzione di case vuote che tutti i nostri paesi offrono. Se poi sotto l’intenzione di costruirsi una casa nuova, ci fosse il desiderio di mettere su famiglia, questo sarebbe il regalo anticipato più grande per i figli che verranno.

Gino Scarsi

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