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La flavescenza dorata, il flagello da contenere

Dogliani e la dura lotta alla flavescenza dorata

AGRONOMIA A Nizza Monferrato, nel Foro Boario, l’Assessorato all’agricoltura del Piemonte ha promosso un incontro per fare il punto su un flagello della viticoltura: la flavescenza dorata, un fitoplasma tramesso dallo scaphoideus titanus.

Come riportato da Paola Gotta, responsabile del settore fitosanitario della Regione, «la cicalina è arrivata in Europa negli anni Cinquanta; ciò che si pensava potesse essere la flavescenza dorata è stata descritta per la prima volta nel 1957. In Francia è stata segnalata nel 1970 e in Lombardia nel 1973. L’epidemia di flavescenza in Piemonte è iniziata nel 1998. Nella nostra regione sono presenti due ceppi: uno è trasmesso solo dallo scaphoideus titanus, l’altro anche dallo scaphoideus orientalis.

Nel settembre 2021 è stato emanato un nuovo regolamento europeo sulla flavescenza dorata: in precedenza, ogni Stato aveva le proprie norme a regolamentare le misure obbligatorie di lotta» alla malattia. In Piemonte ci sono circa 15mila aziende viticole e 42mila ettari vitati; in 3.600 di questi sono usati metodi di lotta biologica. Un territorio complicato e difforme, con «alcuni problemi peculiari. Il principale è l’alta presenza di gerbidi e vigneti abbandonati, ricettacoli per la riproduzione dell’insetto vettore. Poi, l’adesione ai programmi di lotta fitosanitaria è stata altalenante. Per quanto avessimo subito allertato sulla gravità della situazione, tra il 1998 e il 2005 chi non era direttamente colpito non prendeva molto in considerazione l’allarme. Fino al 2010 abbiamo convissuto con la minaccia, con un ulteriore aggravamento negli ultimi anni. Addirittura, nelle provincie di Alessandria e Asti la flavescenza dorata non è più considerata eradicabile, si può solo tentare di contenerla».

Covid, tutela comparto vino: assessore agricoltura Piemonte Protopapa alla commissione politiche agricole
L’assessore regionale all’Agricoltura, Marco Protopapa

Soltanto duemila ettari vitati piemontesi risultano, per ora, completamente indenni. Il Barbera, cultivar che ricopre un quarto della superficie vitata piemontese, è in assoluto il più sensibile alla flavescenza. Secondo Gotta, «in Piemonte, rispetto alle altre Regioni, siamo molto aggiornati. Questo grazie anche ai progetti pilota di monitoraggio, avviati nel 2007 (Nicese Val Tiglione, Doglianese Monregalese, Moscato Cuneese-Valli Belbo-Tinella e Bormida, Provincia di Alessandria, Consorzio tutela del Gavi, Canavese-Eporediese-Carema e Val di Susa). In queste zone, nel periodo di riproduzione della cicalina vettore, settimanalmente sono eseguiti controlli sugli esemplari catturati tramite le trappole. Sappiamo quindi che nella Valle Belbo l’incidenza della malattia è del 37 per cento, nel Doglianese del 35 e nel Canavese del 9. Abbiamo notato che se si eliminano i tralci sintomatici appena li si nota, si evita la trasmissione da parte dell’insetto vettore. La ricerca di varietà resistenti va avanti, sia attraverso tradizionali incroci sia attraverso interventi sul patrimonio genetico della pianta. In Veneto sono stati proibiti alcuni insetticidi dannosi per le api, come il Thiamethoxam, ma ciò ha purtroppo fatto peggiorare la situazione relativa alla flavescenza dorata».

I prodotti disponibili sul mercato «sono di contatto e i trattamenti devono essere eseguiti in modo adeguato, includendo entrambe le pagine delle foglie e gli eventuali polloni. Quel che si può usare per le coltivazioni biologiche riesce a malapena ad avere un’efficacia del cinquanta per cento. Per la lotta integrata, invece, i risultati sono più soddisfacenti». Fondamentale «partire da barbatelle sane. Nel 2022 abbiamo controllato il 70 per cento dei campi madre protetti da reti e abbiamo trovato solo cinque barbatelle positive», ma si tratta di una soluzione molto costosa.

I Comuni possono fare la loro parte, «aggiornando i regolamenti di polizia rurale per mantenere puliti i terreni incolti. Il settore fitosanitario prende comunque in considerazione ogni segnalazione, 528 nel 2022. Dal 2013 al 2018 il settanta per cento dei casi segnalati è stato risolto subito, negli ultimi anni solo il 55 per cento. Alla percentuale restante mandiamo una diffida e si cerca di arrivare alla soluzione, anche se il 25 per cento resta inadempiente totale. Purtroppo le 56 denunce inoltrate alla Procura della Repubblica sono state archiviate. Le sanzioni sono state pagate solo nel cinque per cento dei casi. Ciò che sembra funzionare è soltanto il blocco dei fascicoli alle aziende agricole, che equivale a una sospensione dell’attività».

In conclusione, l’assessore Marco Protopapa ha annunciato un coordinamento dedicato alla patologia: una delle prime sfide sarà lo studio di una nuova ordinanza in sostituzione del decreto del 2000, ormai obsoleto.  

Davide Barile

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