Viglino, pionere della telemedicina, è andato in pensione

Viglino, pionere della telemedicina, è andato in pensione
Giusto Viglino con le collaboratrici © Marcato

L’INTERVISTA Dopo quarantatré anni di lavoro, di cui ventitré da direttore della struttura complessa di nefrologia dell’Asl Cn2, da oggi (venerdì 31 marzo) è andato in pensione Giusto Viglino. Fin dagli anni ’90 sostenitore della nascita dell’ospedale unico, è stato un pioniere della telemedicina: oggi l’azienda sanitaria è cresciuta molto su questo fronte, distinguendosi anche a livello nazionale. E se in passato la visione della telemedicina era limitata, sono chiare le potenzialità: per questo, nel segno della continuità, dal prossimo mese Viglino tornerà in Asl in una nuova veste, come collaboratore dell’ufficio progetti innovativi, a titolo del tutto gratuito.

Viglino, come si sente a lasciare la nefrologia dopo quarantatré anni di lavoro?

«Sarà un cambiamento importante, perché ho sempre amato il mio lavoro, ma ormai era giunto il momento di entrare in questa nuova fase, che mi entusiasma molto: infatti, continuerò a essere presente come referente della telemedicina, in modo da poter sviluppare dei progetti innovativi su questo fronte, anche in un’ottica di potenziamento della rete territoriale. Sono felice che la direzione generale abbia deciso di propormi questo nuovo ruolo: sono sempre stato affascinato dalle strade innovative che si possono percorrere in ambito sanitario, per rispondere adeguatamente a bisogni in continua evoluzione».

Lei è stato uno dei primi a sostenere l’utilizzo della telemedicina: quali passi in avanti sono stati compiuti nel frattempo?

«Oggi è un tema di cui si parla molto, soprattutto dopo il Covid-19 e per via delle risorse messe in campo dal Pnrr, ma nella nostra Asl la telemedicina è realtà dal 2002, quando abbiamo sviluppato il primo progetto, incentrato sulla possibilità di effettuare la dialisi al domicilio. Rivisto con gli occhi di oggi, fa quasi sorridere, perché avevamo dotazioni tecnologiche con potenzialità limitate, ma è stata un’esperienza fondamentale. Nel 2022, abbiamo seguito mille pazienti a distanza nella nostra Asl, con progetti che riguardano più strutture: nefrologia, dietologia, vulnologia, urologia, neuropsichiatria infantile, pediatria, ginecologia, medicina di base e assistenza domiciliare integrata; a breve anche cardiologia, diabetologia e oncologia. Per quest’anno, la direzione ha fissato come obiettivo lo sviluppo di progetti in almeno 26 strutture: significa che c’è la volontà di portare avanti un piano mirato, con risultati già importanti».

Come vede il futuro per questo settore?

«Bisogna partire dal presupposto che si tratta di un modello diverso, che apre nuove possibilità nel rapporto tra medico e paziente. Se pensiamo a problemi come le liste di attesa o la carenza di posti letto in ospedale, la telemedicina potrebbe segnare una rivoluzione, tramite la possibilità di seguire a domicilio persone che non necessitano l’ospedalizzazione ma che non possono neppure restare da sole a casa propria. Certo, per ogni ambito, è necessario rispondere a tre domande: a che cosa può servire la telemedicina? A quali tipologie di pazienti può essere rivolta? Con quali mezzi tecnologici? A oggi conosciamo solo una minima parte delle sue potenzialità».

Nel 1994, lei ha anche fatto parte del comitato per il nuovo ospedale: dopo la fase di rodaggio, come valuta il Ferrero sorto a Verduno?

«Il comitato ha rappresentato un momento fondamentale di aggregazione, in vista di un obiettivo comune. Negli ultimi decenni, la scelta dell’ospedale unico a Verduno è stata fortemente criticata, ma i fatti ci hanno dimostrato il contrario: senza una struttura nuova e moderna, per noi oggi sarebbe impossibile stare al passo con l’evoluzione della sanità, come il Covid-19 ci ha dimostrato. In effetti, a Cuneo e nelle altre città piemontesi, si sta lavorando nella stessa direzione: siamo stati piuttosto lungimiranti nell’anticipare i tempi».

Francesca Pinaffo

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