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Artigiano, non è un mestiere per giovani sabaudi

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OCCUPAZIONE Il mondo del lavoro è sovente precario, scarsamente valorizzante e poco meritocratico. E i giovani scelgono carriere tra le meno impegnative. Per esempio, Fabio Lora fa il gommista a Mussotto: ha sei dipendenti e tre soci. Racconta l’artigiano: «Nel settore dell’autoriparazione oggi riscontriamo grossi problemi di reperimento del personale. Con quasi tutti i colleghi cerchiamo apprendisti, ma è arduo trovare persone formate o giovani che intendano costruirsi una professione».

Così, i circuiti utilizzati per trovare personale sono i più eterogenei. Lora: «Abbiamo esplorato le agenzie interinali, Piemonte lavoro e le scuole, ma a parte Apro non esistono istituti formativi che preparino all’ingresso in piccole attività. Un tempo i giovani consideravano un valore la possibilità di accedere a un circuito lavorativo artigiano, apprendere un mestiere, costruendo un percorso per aprire un’attività. Oggi la mentalità dominante è entrare in un’azienda e incassare uno stipendio. Gli artigiani sovente sono considerati “brutti, sporchi e cattivi”. In effetti il nostro lavoro richiede fatica. Ma la tecnologia consente evoluzioni e richiede minore energia fisica rispetto al passato. È un dato molto utile, che si deve comunicare alle nuove generazioni».

A livello nazionale, secondo un’indagine pubblicata da Confartigianato a fine agosto, risulta introvabile il 48% dei lavoratori. In particolare pare quasi impossibile per le imprese assumere tecnici specializzati nei settori della carpenteria metallica (mancano il 70,5% delle posizioni), delle costruzioni (69,9%), della conduzione di impianti e macchinari (56,6%). Mancano pure professionisti nel campo della cura alla persona. Il Piemonte si colloca al quinto posto della classifica nazionale per difficoltà di reperimento della manodopera, con il 52 per cento delle mansioni introvabili. Per invertire la tendenza serve progettare un sistema differente.

 Valerio Re

In Piemonte le piccole imprese non trovano più operai

Parliamo del problema con Luca Crosetto, presidente di Confartigianato imprese Cuneo.

Anche la provincia di Cuneo e l’area di Langhe e Roero faticano a trovare manodopera, come accade nel settore artigiano a livello nazionale, Crosetto?

«Il Piemonte occupa il quinto posto della classifica: vuol dire che manca una posizione su due. Le cause sono molteplici. Negli ultimi 20 anni è stato denigrato il lavoro nelle piccole imprese. Le famiglie ritengono che i figli debbano andare all’università o in percorsi di tipo umanistico, mentre le realtà artigiane vengono poco considerate. Non abbiamo saputo copiare i francesi: da loro le scuole professionali sono chiamate licei e non vengono declassate. Dobbiamo ripartire dal sistema formativo e creare sensibilizzazione nelle scuole. L’artigianato è un mondo ricco di possibilità, in cui si aprono scenari di crescita. È necessario trovare il modo per pubblicizzare e rendere interessanti i corsi professionali».

Quali sono le figure mancanti nell’Albese?

«Ci servono addetti nei settori di carpenteria metallica, macchine a controllo numerico, costruzioni. Ma ci vogliono anche pasticceri, estetisti, parrucchieri. Ad Alba abbiamo professionisti nel settore della cura alla persona, ma nella specializzazione tecnica il problema esiste. Per fortuna, centinaia di giovani stranieri hanno colto l’opportunità di avvicinarsi all’artigianato. In futuro, però, dovremo immaginare scenari alternativi, altrimenti rischieremo di trovarci in una carenza cronica di risorse e intelligenze, oltre che in un mondo del lavoro sempre più complesso e con aree in affanno».
v.r.

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