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Come prepararsi al Natale in tempo di guerre

PENSIERO PER DOMENICA – SECONDA DI AVVENTO – 10 DICEMBRE

In alcuni momenti, la distanza tra le letture bibliche della Messa e la realtà che viviamo sembra incolmabile. Che sapore hanno per esempio sulle nostre labbra le parole del salmista: «Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno»? Ci apprestiamo a vivere un Natale con due guerre poco lontane da casa nostra! Anche in un contesto del genere però la Scrittura è fonte di speranza. Le prime parole proclamate nella Messa sono l’inizio del secondo Isaia (40,1-11): «Consolate, consolate il mio popolo».

Come prepararsi al Natale in tempo di guerre
San Giovanni Battista nel deserto, tempera su legno del XVI-XVII secolo, Mosca Accademia.

La lezione della storia. Per capire le parole di Isaia dobbiamo ricordare la storia. Il suo messaggio era rivolto a un popolo di schiavi, deportati a Babilonia, quando, grazie alla vittoria di Ciro, si aprivano spiragli di liberazione. Il profeta, mentre lancia questo messaggio ai deportati, vorrebbe salire su un alto monte per far arrivare la buona notizia fino a Gerusalemme e immagina il cammino di ritorno. La storia insegna che tante schiavitù sono finite: siamo autorizzati a sperare che questo valga anche per la popolazione ucraina o per i palestinesi di Gaza. Probabilmente non in occasione del prossimo Natale! La speranza di pace ha tempi lunghi e si nutre di preghiera, in attesa di novità concrete.

 

Un po’ di alimento alla speranza arriva dalla seconda lettura (2Pt 3,8-14): un testo attribuito a Pietro, ma in realtà molto posteriore. La speranza viene declinata in un linguaggio apocalittico e l’attenzione si allarga dalla storia al cosmo intero, ma il messaggio è molto chiaro: «Tutte queste cose dovranno finire»: anche le guerre e gli imperi nati grazie a esse! I potenti della terra e i signori della guerra riusciranno mai ad allargare lo sguardo, almeno per qualche attimo? Quando manca la pietà sarebbe sufficiente un bagno di realismo per abbandonare la presunzione di essere eterni e cominciare a vedere le cose di questa terra in un altro modo.

 

La concretezza di Giovanni Battista. Ci viene proposta dal brano iniziale del Vangelo di Marco (1,1-8), testo che ci accompagnerà per tutto l’anno liturgico. È un Vangelo stringato ed essenziale, scritto a Roma, in un contesto pagano. Ispirandosi alla predicazione dell’apostolo Pietro, Marco dà per nota la nascita di Gesù, e inizia a raccontare la sua vita pubblica, con un breve prologo sul Battista. Proprio lui chiama a convertirsi un popolo che si credeva “eletto”, non più bisognoso di salvezza. Lui si era preparato a incontrare Gesù con la conversione dal peccato e la scelta d’una vita sobria. Due indicazioni molto concrete per prepararci al Natale.

 Lidia e Battista Galvagno

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