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Un lebbroso diventato nostro maestro di preghiera

Un lebbroso diventato nostro maestro di preghiera
Gesù guarisce un lebbroso, miniatura del veronese Turone, secolo XIV, Verona Biblioteca capitolare.

PENSIERO PER DOMENICA – SESTA TEMPO ORDINARIO – 11 FEBBRAIO

Celebriamo la 32ª Giornata del malato lasciandoci guidare dalle letture della Messa, con al centro il problema della lebbra. Ogni epoca ha una malattia con cui fare i conti: la lebbra era tale ai tempi di Gesù, ma già prima (cfr Lv 13,1-2.45.46) e per molti anni dopo. Possiamo capire la sorte dei lebbrosi nell’antichità, facendo memoria del dramma del Covid-19 e della disumana sofferenza di persone costrette a morire sole.

Un lebbroso diventato nostro maestro di preghiera
Gesù guarisce un lebbroso, miniatura del veronese Turone, secolo XIV, Verona Biblioteca capitolare.

Anche nel rapporto con i malati Gesù è stato diverso. Toccando il lebbroso (Mc 1,40-45), ha violato la legge allora in vigore, tesa a salvaguardare la purità rituale più che a evitare il contagio. Tanto che a sancire la guarigione erano i sacerdoti, non i medici. In fondo Gesù applica al rapporto con i lebbrosi quanto dirà sul Sabato, che «è fatto per l’uomo, non l’uomo per il Sabato». Il messaggio è chiaro: chi soffre di malattie gravi ha bisogno di una presenza amica, per non sentirsi emarginato. Gesù si è fatto vicino a tanti malati: in alcuni casi ha operato il miracolo, ma non ha guarito tutti i malati del suo tempo. La consegna per noi è in Mt 25,31-46: «Ero malato e siete venuti a visitarmi»: questo ci viene richiesto, non il miracolo!

Il ruolo fondamentale dei rapporti umani viene suggerito anche da Paolo ai Corinzi: «Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo» (11,1). Chi ha la fede non può non riconoscere che l’ha ricevuta in dono: da Dio, ma attraverso un esempio umano. Lo stesso Paolo, prima di incontrare Cristo sulla via di Damasco e di diventare suo imitatore, lo aveva incontrato nei cristiani che perseguitava. In un tempo in cui facciamo una enorme fatica ad annunciare il Vangelo c’è sempre spazio per provare a testimoniarlo.

Anno della preghiera / 2. Pregare è gridare a Dio. Nel Vangelo di oggi, il maestro di preghiera è un lebbroso. La sua preghiera è semplice: «Lo supplicava in ginocchio e gli diceva: Se vuoi, puoi purificarmi». La preghiera è un grido, una invocazione di aiuto. Nasce spontanea dal cuore. Il grido presuppone una fede elementare: credere che non siamo soli al mondo, che c’è qualcuno ad ascoltarci. Poi c’è un secondo passo del lebbroso: il credere che la persona a cui gridiamo possa aiutarci. Qui c’è già un principio di fede. Per imparare a pregare dobbiamo compiere questi due passi: credere che non gridiamo a vuoto, perché da qualche parte c’è qualcuno che ci può ascoltare. E arrivare a credere che questo qualcuno può venire in nostro aiuto. O con la guarigione o in qualche altro modo misterioso che ridona vita!

 Lidia e Battista Galvagno

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