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Da Sud e da Est verso Bra: storie di migranti in un film

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BRA Un docufilm per raccontare i flussi migratori che dal Sud e dall’Est del nostro Paese raggiungevano Bra, oltre mezzo secolo fa. Saluti da Bra! Storie di emigrazione italiana è il titolo del documentario del regista Remo Schellino e dello storico Fabio Bailo (presidente del Consiglio comunale braidese e delegato alla cultura) che sarà proiettato al teatro Politeama sabato 20 aprile alle 21 e, in replica, domenica 21 alle 17. L’ingresso è gratuito ma occorre prenotare chiamando lo 0172-43.01.85 o scrivendo a turismo@comune.bra.cn.it.

Il lavoro, promosso dalla città di Bra, diretto da Schellino e realizzato con la consulenza storica di Bailo, offre un ritratto corale dei flussi migratori interni che raggiunsero la città della Zizzola. Spiega Fabio Bailo: «Complice “Saluti da Bra!” che si leggeva sulle cartoline che gli emigranti mandavano ad amici e parenti rimasti al paese, abbiamo deciso di realizzare quest’opera che racconta un pezzo di storia locale».

Da Sud e da Est verso Bra: storie di migranti in un film
Fabio Bailo e Remo Schellino in sala montaggio

I nuovi braidesi erano campani di Agropoli, siciliani di Piazza Armerina, sardi di Muravera, calabresi di Polistena e San Sosti, solo per citare qualche località di partenza, dal momento che l’elenco dei Comuni di provenienza è lungo e coinvolge tutte le province del Centro-sud e del Nord-est povero.

Erano per lo più braccianti senza terra e artigiani senza lavoro, tutti alla ricerca di una vita migliore per sé e per la famiglia, perché gli stipendi al Nord, anche se meno alti di quanto attesi e per di più assottigliati da spese sconosciute in paese, erano pur sempre preferibili alla disoccupazione, alla sottoccupazione, talvolta alla fame vera patite nel borgo natio. Ancora Bailo: «Dapprima furono decine, poi centinaia, infine diverse migliaia coloro che raggiunsero Bra, trovandovi lavoro, spesso cordialità e ospitalità, talvolta indifferenza e persino ostilità. Di ciascuno di loro resta traccia nelle schede custodite nell’anagrafe comunale cittadina».

Il documentario di Bailo e Schellino si sviluppa intrecciando il profilo di una ventina di donne e uomini, diversi per età, istruzione, percorso lavorativo o personale e ha l’ambizione di evocare e omaggiare migliaia di braidesi che, pur nati altrove, si integrarono vivendo la città, crescendovi e facendola sviluppare. Conclude il regista Schellino: «Una grande storia, quella dell’emigrazione, narrata dai protagonisti che, raccontando in video la loro esperienza, ripercorrono e condividono le ragioni che li portarono fino a Bra».

Valter Manzone

Venti interviste a casa delle persone con le loro fotografie per raccontare

«Saluti da Bra è il nostro terzo documentario», dicono l’autore Fabio Bailo e il regista Remo Schellino (sotto), «dopo Giovanni Arpino. Un realista romantico del 2017, ritratto privato del più noto autore braidese, e Quando Bra era regina di cuoi (2019), omaggio al passato conciario». 

Gli autori aggiungono: «Sono lavori diversi ma accomunati dalla convinzione che la memoria sia un bene fragile, che necessita di premure e attenzioni, e che le piccole storie individuali, se raccolte e valorizzate, sono fondamentali per cogliere più e meglio il senso e il respiro della grande storia». Conclude Bailo: «Questo lavoro è più vivo rispetto a un saggio, grazie alle bellissime  testimonianze di donne e uomini che – come amo dire – sono diventati braidesi a tutti gli effetti. Oggi anziani, raccontano il loro passato e ci regalano parte del loro presente, tessere di un mosaico che rappresenta la città. I protagonisti saranno seduti in prima fila al Politeama durante le proiezioni previste nel prossimo weekend».  

v.m.

Riaffiorano ricordi: «A Ceva vidi la nebbia»

«Quando siamo arrivati a Ceva, con il treno, ho avuto una visione. Invece del mare blu di Sorrento, mio paese di origine, ho visto una specie di mare che non conoscevo. Mi hanno detto che era la nebbia. Non l’avevo mai vista prima, in vita mia». Comincia così il racconto di Florinda Varlotta, nata sul golfo di Napoli negli anni Trenta, orfana di entrambi i genitori in tenera età, che vive la fanciullezza e l’adolescenza – fino alla maggiore età – in un collegio di suore. Quando esce, decide di fare il concorso per essere assunta alle Poste e lo supera. Qui conosce il fidanzato che poi diventa sua marito e insieme decidono di emigrare per venire al Nord e cercare migliori condizioni di vita.

Da Sud e da Est verso Bra: storie di migranti in un film 2

La loro storia prosegue con un lungo viaggio in treno per approdare a Bra. Qui continua a lavorare, nascono i figli e ancora oggi vive un’attiva esistenza da pensionata.

Nunzio Napoli nasce invece a Salerno negli anni Quaranta ed emigra in Piemonte con tutta la famiglia. Appena ha l’età per iniziare il lavoro, comincia a fare il cameriere. Una stagione al mare e una in montagna, facendo un lavoro che davvero gli piace. Conosce una collega, braidese, di cui si innamora e che poi sposa.

A quel punto, a malincuore, smette la professione di cameriere e va a lavorare alla Fiat. «Sono arrivato a Mirafiori», ricorda, «e ho visto che in un solo capannone c’erano tutte le persone della città di Cuneo. Fui assegnato alla catena di montaggio e ho dovuto imparare un altro genere di lavoro rispetto a quello che conoscevo, che mi ha permesso di mantenere la famiglia e di far crescere i miei figli». Romano Fedriga è invece arrivato dal Friuli Venezia Giulia; orfano di padre – partigiano fucilato – dall’età di tre mesi. La povertà con cui doveva lottare la famiglia, lo indusse a venire nella città della Zizzola, che lui reputa davvero ospitale perché gli ha dato la possibilità di lavorare (prima all’Olicar e poi alla Cmb) e di realizzarsi.

Sono alcune delle storie raccolte nel documentario di Schellino e Bailo che, anche se risalgono a mezzo secolo, fa sono sempre attuali. La storia delle persone continua a ripetersi oggi. Basti pensare che dall’inizio del 2024 fino al 31 marzo all’ombra della Zizzola sono giunti ben 223 emigrati, che vanno a ingrossare le file dei 4.117 braidesi di origine straniera che vivono stabilmente sul nostro territorio.

Altro dato interessante che emerge dalla realizzazione del documentario è il fatto che tutte le oltre 20 interviste di cui si compone sono state fatte a casa dei protagonisti, «per metterli a loro agio, circondati dalle loro abitudini, con sotto mano le fotografie del tempo che ci raccontavano ed erano molto utili per mantenere viva la memoria di fatti che ormai risalgono a oltre mezzo secolo fa», conclude Fabio Bailo.  

 v.m.

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